L'inchiesta/7 Ambiente e salute
Mariangela e le altre, così la Rete oncologica salva i malati

L'inchiesta/7 Ambiente e salute Mariangela e le altre, così la Rete oncologica salva i malati
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Venerdì 28 Febbraio 2020, 09:14 - Ultimo aggiornamento: 09:17

Tumori, a Terni e in Umbria si sopravvive di più grazie all'esistenza della Rete Oncologica che «serve a curare e ad assistere tutte le persone malate di tumore con percorsi diagnostici e terapeutici omogenei». E' provato che il tasso di sopravvivenza è più alto nelle regioni con reti oncologiche attive. Fausto Roila, professore ordinario dell'Università di Perugia, direttore della struttura complessa di oncologia medica dell'ospedale di Perugia, già primario del Santa Maria di Terni dal 2008 al 2017, è il coordinatore della Rete Oncologica Umbra da marzo 2018. Dichiara che «il valore della Rete si comincia ad intravedere in Umbria all'inizio del 2002, quando nascono i primi gruppi multidisciplinari di patologia, cioè colleghi di specializzazioni diverse coinvolti nella diagnosi e nel trattamento di un certo tipo di tumore che decidono insieme il percorso terapeutico del singolo paziente». Nel 2008 nasce la Rete Umbra, la terza in Italia, che si caratterizza immediatamente per raccomandare la costruzione di gruppi multidisciplinari e per creare i punti di accoglienza previsti dalle delibere regionali del 2010 e del 2014. Quattro: uno a Terni. Gli altri a Perugia, Città di Castello, Foligno. Quelli che in Piemonte vengono chiamati Cas (Centri Accoglienza e Servizi) e che costituiscono strutture di riferimento del paziente oncologico, in Umbria saranno i Pa (Punti di accoglienza). Pensati come ambulatori dove il paziente che si ammala di tumore o che ha una sospetta diagnosi di tumore entra nella Rete trovando un medico che lo visita, un infermiere che esegue gli esami di laboratorio e un amministrativo che programma le ulteriori indagini strumentali necessarie per definire l'estensione della neoplasia. «Il Punto di accoglienza è il luogo di fatto dove avviene la presa in carico del paziente da parte della Rete», dichiara Roila. Una storia, vera, per capire nel concreto: quella di Mariangela (il cognome non è indicato per motivi di riservatezza), 47 anni, che scopre di avere un carcinoma della mammella grazie allo screening effettuato dalla Regione a fine 2016. «Il radiologo senologo dell'ospedale che mi fa la diagnosi di sospetto cancro mi dice di aspettare il risultato istologico. Che arriva impietoso dopo 15 giorni: cancro». Per Mariangela inizia un percorso difficile. Quando si ammala a dirigere la struttura di Terni è Fausto Roila. «Al gruppo multidisciplinare del carcinoma mammario - racconta il professore la senologa radiologa porta in discussione il caso di Mariangela. Si decide di eseguire sei mesi di chemioterapia neoadiuvante (prima del trattamento locale) che porta ad una risposta completa (scomparsa della neoplasia clinica). A questo punto il gruppo multidisciplinare decide di operare la paziente». Il gruppo della mammella si riunisce ogni settimana, a Terni. Il caso di Mariangela viene discusso ulteriormente dopo la chirurgia fino alla decisione di effettuare radioterapia seguita da ormonoterapia preventiva e alla guarigione. «E' uno dei tanti casi che vengono affrontati collegialmente e in cui la scelta è sicuramente più vicina alle linee guida di trattamento nazionali ed internazionali, rispetto ad una ipotesi di cura gestita da un singolo professionista. Un metodo impostato dalla Rete, che proprio per agevolare il procedimento di presa in carico del paziente oncologico sta predisponendo la creazione dei punti di accoglienza». «Quando sono arrivato a Terni nel 2008, al Santa Maria - ricorda Roila - esistevano solo tre gruppi multidisciplinari (mammella, colon retto, testa collo, ndr). In quello stesso anno d'accordo con i colleghi radioterapisti e con i chirurghi, ne organizzammo altri 8. Questo ha prodotto vantaggi significativi per i pazienti, perché tutta la letteratura internazionale documenta migliori risultati in termini di guarigione e di qualità di vita per coloro che entrano nel percorso indicato dalla Rete Oncologica. Oggi i gruppi multidisciplinari sono diffusi in tutte le strutture oncologiche della regione». Ci sono 10 gruppi multidisciplinari nell'ospedale di Terni (10 a Perugia, 3 a Foligno, 4 a Città di Castello), che condividono le linee guida nazionali e internazionali, ed elaborano i cosiddetti Pdta (Percorsi diagnostici e terapeutici assistenziali per patologia). Nel sistema rete viene garantita l'omogeneità dei trattamenti, la presa in carico dei pazienti tramite i punti di accoglienza che devono ancora partire, la definizione dei percorsi diagnostici per i tumori più frequenti in Umbria (per Terni sono il cancro del polmone, della mammella e del colon retto), e la produzione di raccomandazioni inerenti i farmaci tumorali ad alto costo. «Questo significa garantire - spiega Roila - a tutti i malati di cancro i trattamenti più efficaci, usati in maniera appropriata secondo le indicazioni dell'Aifa (Agenzia italiana del farmaco, ndr). Infine la Rete permette al paziente oncologico di rientrare nei protocolli di ricerca evitando ai pazienti i cosiddetti viaggi della speranza». Il Ministero della Salute definisce le Reti «il miglior modello di cura per l'oncologia». E l'Umbria è una delle sei regioni d'Italia ad avere una rete attiva.
Aurora Provantini
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