"Mai dati". Presentazione a Baschi del libro-inchiesta sulla situazione della 194, la legge sull'interruzione volontaria di gravidanza

"Mai dati". Presentazione a Baschi del libro-inchiesta sulla situazione della 194, la legge sull'interruzione volontaria di gravidanza
di Monica Riccio
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Domenica 7 Agosto 2022, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 08:37

Sarà presentato questa sera alle 19, a Baschi, nell'ambito della quinta edizione del Festival Internazionale dei Diritti Umani, il libro “Mai Dati” con Romina Perni e Roberto Vicaretti a dialogare con le autrici del libro-indagine le giornaliste Chiara Lalli e Sonia Montegiove.

Come e perché nasce l'idea di questo libro?

«”Mai dati” - spiega Montegiove - nasce dal desiderio, condiviso tanti anni fa anche con la rete di donne Wister, di realizzare una semplice mappa che, scelto un ospedale, potesse mostrare il numero di ginecologi presenti e quanti di questi fossero obiettori. Apparentemente un’idea semplice, ma impossibile da realizzare tanti anni fa come oggi, visto che i dati necessari a realizzare una mappa come questa non sono disponibili (e non sono in formato aperto). Da questo non voler credere che non fosse possibile avere dati su un servizio tanto importante come quello di interruzione volontaria di gravidanza nasce l'inchiesta giornalistica "Mai Dati" che ci ha portato a fare accesso civico generalizzato a tutte le strutture ospedaliere d’Italia chiedendo il numero totale e il numero di obiettori presenti nei propri ospedali e consultori».

Come si è svolto il lavoro di ricerca delle informazioni?

«Abbiamo chiesto, sollecitato, trascritto e rappresentato i dati che ci sono stati inviati (circa un 60% le strutture che hanno risposto) – raccontano le autrici - con l’obiettivo di far comprendere quanto la disponibilità e l’apertura dei dati sia indispensabile per analizzare e comprendere lo stato di attuazione della legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza. Le mappe, i numeri, le percentuali che abbiamo raccolto sono il frutto di un lavoro giornalistico al quale nessuno dovrebbe sottoporsi. Lo abbiamo fatto con l’entusiasmo di chi crede che, mostrando quanto i dati possano riferire circa la possibilità di esercitare un diritto, si possano risvegliare le coscienze di tutti per poter pretendere che le Amministrazioni pubbliche non solo rispondano a specifica richiesta (come spesso purtroppo non fanno), ma si sentano obbligate a liberare dati in modo accessibile, aperto, fruibile da chiunque. Avremmo sperato di non scrivere una storia di accesso negato, avremmo preferito non ci fosse un “Mai dati”, ma è andata così».

La frase riportata nella quarta di copertina è "I dati non sono freddi".
Qual è il senso di quella frase?

«Spesso sentiamo ripetere la frase “i dati sono freddi”, ovvero non si possono raccontare storie interessanti attraverso i dati. E invece, come diceva un famoso economista, i dati sotto tortura parlano. Soprattutto quando sono ufficiali, non raccolti dal basso, ma certificati dall’Amministrazione pubblica che li detiene.

I dati non sono freddi e basta con le storie di dolore infinito della donna che decide di interrompere una gravidanza. Perché non è questo che interessa chi deve esercitare un diritto e soprattutto non è questo che ci aiuta a difenderlo, visto che la recente sentenza della Corte Costituzionale americana ci ha ricordato che un diritto non è per sempre. Nemmeno quando lo diamo per scontato».

E cosa è successo dopo l’uscita del libro?

«Abbiamo pubblicato le risposte degli Enti ai quali avevamo scritto sul sito maidati.it affinché tutti possano vedere le diverse modalità di risposta a una stessa semplice domanda che chiedeva il numero di obiettori di coscienza presenti in struttura. Entro settembre – spiegano le due giornaliste - pubblicheremo tutti i documenti ricevuti. Il Difensore Civico Digitale, al quale sono state inviate due diverse sollecitazioni finalizzate a far pubblicare al Ministero della Salute i dati sulla 194 in formato aperto, ha avviato un procedimento che potrebbe costringere lo stesso Ministero a ottemperare a questo obbligo di legge previsto dal Codice di Amministrazione Digitale.  Con Chiara Lalli – aggiunge Montegiove - abbiamo inviato nuovamente la richiesta di dati riferiti al numero di obiettori di coscienza presenti in ospedale o in consultorio e alla possibilità di effettuare aborto farmacologico. Stavolta l’invio è stato fatto al Ministero della Salute, che ha risposto affermando di non poter concedere i dati richiesti in quanto di proprietà delle singole strutture sanitarie d’Italia, e a tutte le Regioni d’Italia. Molte di queste hanno già risposto inviando la situazione aggiornata al 2021 per struttura sanitaria (Umbria compresa). Nelle prossime settimane, appena avremo tutte le risposte, pubblicheremo la mappa completa dell’obiezione con i dati dello scorso anno forniti dalle Regioni. Insieme a Filomena Gallo, inoltre, e ad alcune persone che si occupano di open data a livello nazionale abbiamo costituito un tavolo istituzionale di confronto sulla possibilità di aprire i dati sulla 194. Dei tre Ministeri ai quali abbiamo chiesto la nomina di un referente (Salute, Giustizia e Ministero dell’Innovazione e Trasformazione Digitale) ha risposto solo il Ministero per l’Innovazione con una persona che si è già fatta carico di individuare possibili percorsi da seguire per fare in modo che tutti i dati siano rilasciati in formato aperto e costantemente aggiornati».

Sonia Montegiove è giornalista e informatica. Scrive di innovazione digitale, di software libero e dell’importanza di aprire i dati. Chiara Lalli è giornalista e insegna Storia della medicina e Deontologia alla Università “La Sapienza” di Roma, scrive di bioetica e di filosofia pratica.

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