Lega Pro, i medici sociali contro
i protocolli sanitari per la Fase 2
«Inapplicabili e discutibili»

Michele Martella
di Paolo Grassi
3 Minuti di Lettura
Giovedì 30 Aprile 2020, 15:17

Il campionato della Ternana non può ricominciare: i protocolli sanitari della federazione non sono tecnicamente applicabili, hanno costi troppo alti per tante società e non in tutto riescono a garantire la sicurezza di evitare il contagio. Stavolta, sono i medici sociali delle 60 squadre, a dirlo. Una videoconferenza tra tutti loro, insieme al presidente della Lega Pro Francesco Ghirelli e al responsabile medico della serie C Francesco Braconaro, li ha portati a concordare su tanti punti.
I protocolli non possono essere messi in pratica in toto, non garantiscono che il contagio venga scongiurato, contengono lati oscuri sul piano tecnico e giuridico e sono troppo onerosi. Lo conferma anche il dottor Michele Martella, medico sociale della Ternana. Anche lui ha preso parte alla riunione. «Come tutti abbiamo detto spiega quei protocolli sono inapplicabili. Per certi versi, sono discutibili». Innanzitutto, fattibilità e applicabilità. Si tratterebbe di rinchiudere per un certo periodo calciatori, tecnici, magazzinieri, accompagnatori e staff sanitario in una struttura sanificata, che resterebbe rigorosamente chiusa senza permettere a nessuno di uscire. Cosa di per sé difficile.
In più, tutte le persone dovrebbero essere periodicamente sottoposte a tre o quattro tamponi. E questi ultimi, come dicono dalla Lega, non bastano nemmeno per i cittadini. «Significherebbe spiega Martella sottoporre a tamponi ogni tre o quattro giorni tutti i calciatori e i tecnici, ma anche i membri degli staff, i magazzinieri, più cuochi e camerieri che starebbero nella struttura. Dificile. Come è difficile mantenere certi criteri di distanziamento. Ad esempio, come si fa a mettere una sola persona per ogni stanza?».
Responsabilità troppo pesanti anche per gli stessi medici: questi dovrebbero rimanere dentro e sorvegliare tutti. Ma loro, sono anche impegnati nelle strutture sanitarie dei loro territori ed entrano in contatto sia coi pazienti che coi calciatori, con il rischio di diffusione del virus.
«Ci sono poi aggiunge Martella questioni da chiarire riguardo a responsabilità civili e penali dei sanitari. Si troverebbero a dover stare per 4 o 6 settimane nelle strutture, senza poter uscire e dovendo pure sorvegliare tutti giorno e notte». Sulle responsabilità civili e penali, il rischio potrebbe non risparmiare nemmeno i presidenti, visto che il Covid è diventato malattia professionale e in caso di calciatori infettati o ammalati potrebbero scattare denunce per i massimi dirigenti. Circostanza, questa, che aveva spinto il patron Bandecchi a minacciarsi di ritirarsi dal calcio contro la scelta di classficare il Covid malattia professionale.
Martella, riguardo a una ripresa, dice la sua: «Le decisioni spettano a Lega e Federcalcio. Ma in questo momento, in questa situazione, applicare un protocollo così strutturato non si può. Almeno speriamo che quando sarà possibile, se la situazione coronavirus migliorasse, si possano individuare altri protocolli, meno rigidi e che rendano tutto più fattibile».

© RIPRODUZIONE RISERVATA