«Lavoro, la sfida è rompere lo stallo»

«Lavoro, la sfida è rompere lo stallo»
di Vanna Ugolini
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Mercoledì 1 Maggio 2019, 13:02 - Ultimo aggiornamento: 3 Maggio, 16:44
Terni E' un primo maggio con la ferita dell'Electroterni, storica azienda del metalmeccanico che rischia la chiusura, con un orizzonte di instabilità per altre aziende importanti e con la discussione del piano industriale di Ast ancora in mezzo alle perturbazioni della trattativa sindacale. «Di aziende negli ultimi sei anni ne ho viste chiudere tante - racconta con amarezza Simone Liti, segretario regionale Fim Cisl - ma la crisi non è finita. Anzi, che si va verso la fine degli ammortizzatori sociali emergono nuove criticità». E la situazione, aggiunge Daniele Francescangeli, segretario generale Ugl «è ovviamente appesantita dall'incertezza politica nazionale, che mette in difficoltà un territorio come il nostro, la cui economia ruota intorno all'acciaieria». Ma c'è anche qualcosa di diverso che non torna, una sorta di stagnazione dei problemi diventati cronici di Terni che sembra che, in realtà, nessuno voglia risolvere: «Sono cambiati i governi, è cambiata la giunta ma noi ci ritroviamo con le stesse strozzature: la bretella di San Carlo che non è fatta, la turbocentrale a metano rimasta sulla carta, la piastra logistica quasi finita e chiusa. Un isolamento dal capoluogo che non ha precedenti e il collegamento con Roma che c'è ma non c'è la velocità. Siamo a questo punto da anni. Siamo una quota importantissima del Pil dell'Umbria ma sembra che a qualcuno non interessi la realtà ternana», sottolinea Eros Salvati, Rsu Fismic, (la terza delle sei sigle sindacali chiamate a partecipare al dibattito, che ha aderito all'invito ndr). Ma c'è anche la burocrazia a rendere la vita complicata alle imprese: «Troppo lunghi i tempi per l'accesso ai fondi dell'area di crisi complessa». Finita la festa del Primo Maggio, dunque, che quest'anno riunisce proprio a Terni i tre segretari regionali di Cgil, Cisl e Uil, a Piediluco, con la manifestazione Lavoro, diritti, stato sociale: la nostra Europa, (oggi, dalle 10, in piazza Bonanni) il ritorno al lavoro non sarà facile. Liti elenca solo una parte di quelli che potrebbero essere i problemi più urgenti: «La Faurecia è monocommittente, è legata alla produzione della Fca che quest'anno ha annunciato una riduzione della produzione. Terni è solo un centro di lavorazione e i rapporti con la Francia non sono ottimi». Riuscirà a respingere le nuvole che si accumulano all'orizzonte? Poi c'è il Tubificio, che era una sorta di fiore all'occhiello nel sistema acciaierie: «Sono state fatte delle scelte - concordano i sindacalisti - che non sono state azzeccate e, adesso, ci sono dei problemi». E, naturalmente, ci sarà subito da riprendere la trattativa sul piano industriale di Ast che, con i tagli al personale e alla produzione, «sembra più un piano di ridimensionamento». Anche lì si lavora con molte incertezze. Francescangeli: «Gli investimenti sono tutti declinati al futuro». Salvati: «I lavori per il nuovo progetto di recupero scorie non sono ancora partiti, il 2021 è vicinissimo». Liti: «E' vero, i tempi andrebbero utilizzati al meglio ma la sostenibilità ambientale è la vera sfida che dobbiamo giocare. Il personale? Se pensiamo che l'obiettivo era mantenere 2400 persone, rischiamo di averne 100 in meno, non 69 come sulla carta. Ma c'è la buona volontà a risalire il prossimo anno alla produzione di un milione di tonnellate l'anno di acciaio fuso». Ma anche il contesto ha delle criticità: «Non ci sono verticalizzazioni, incredibile». «Non tutti quelli che usano acciaio a Terni lo comprano da Ast». «La città non usa la sua produzione simbolo per caratterizzarsi con l'arredo urbano e la produzione artistica» Cosa non è andato in questo quadro in cui Terni sembra andare a qualche marcia in meno rispetto alle sue potenzialità? C'è stato chi «non ha fatto il suo dovere?», non ha investito quanto avrebbe dovuto?
«Forse ogni parte sociale ha pensato troppo a fare da sola. E' mancato un patto comune per il territorio. E, alla fine, tanto spesso ci troviamo da soli a fianco dei lavoratori». Un primo maggio dal sapore amaro ma, speriamo, anche di ripartenza.
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