Perugia, per il lavanolo-gate non solo lenzuola: i trucchi sulla qualità degli apparecchi medicali

La procura di Perugia
di Egle Priolo
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Domenica 5 Marzo 2023, 08:49

PERUGIA - Parenti assunti in cambio di certe attenzioni, società amiche favorite nelle gare, strumentazioni, divise e lenzuola finite nelle strutture sanitarie con l'aiutino. Ci sono tutti i cliché sugli appalti furbetti nell'inchiesta che ora vede indagate 20 persone tra dirigenti, amministratori, funzionari pubblici e dipendenti, per quei rapporti poco trasparenti che, tra il 2014 e il 2020, hanno riguardato l’affidamento dei servizi di pulizia e sanificazione, il lavanolo e ricondizionamento dei dispositivi tessili e superfici antidecubito, insieme alla fornitura di apparecchiature medicali. Le ipotesi di reato contestate a vario titolo dai pubblici ministeri Mario Formisano e Paolo Abbritti vanno dalla corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio alla turbata libertà degli incanti, passando per l’inadempimento di contratti di pubbliche forniture. Contestati, sempre a vario titolo, episodi di falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale e di falsità ideologica, con l'indagine della guardia di finanza che ha coinvolto anche due società, la Servizi ospedalieri e la Servizi associati.

Un'indagine che parte da lontano, come raccontato negli anni da Il Messaggero, ancora prima di quella Concorsopoli che ha decapitato politica e sanità in Umbria nel 2019, con procura e guardia di finanza pronte ad accendere i riflettori e soprattutto le “cimici”, nei telefoni e negli uffici delle persone finite sotto inchiesta: una nuova Appaltopoli umbra già pronta a essere battezzata LavaNolo-Gate o Lenzuolopoli, scegliendo di prediligere lo scandalo o l'ipotesi corruttiva.
E proprio le cimici, o meglio i trojan piazzati nei cellulari, hanno intercettato un indagato dire quel «Non farti inguaià... è un consiglio» che potrebbe riassumere il senso delle indagini, di quegli aggiustamenti di gare e appalti su cui le fiamme gialle lavorano da anni.
Con l'avviso di conclusione indagini notificato a Reno Vitali, Emilio Duca, Serena Zenzeri, Roberto Bacchetta, Carlo Nicastro, Patrizia Valentinucci, Lucio Scarponi, Silvano Mei, Ennio Ruggeri, Cristian Calvi, Massimiliano Aniello De Marco, Fabio Luppino, Rosa Maria Franconi, Claudio Zucchetti, Paola Panzarola, Diamante Pacchiarini, Fabio Madonnini, Tullio Coccoli, Susanna Sodo e Michele Duranti, ora si apre per tutti la possibilità di presentare memorie difensive o di farsi ascoltare dagli inquirenti per dimostrare la correttezza del proprio operato. Compreso chi è accusato dell'ipotesi più grave: la corruzione per favorire gli amici in cambio di assunzioni di parenti. Come nel caso di chi avrebbe corrisposto «utilità» a un'indagata «affinché curasse gli interessi della società nella gestione dell’appalto di pulizia e sanificazione, ponendo in essere anche atti contrari ai doveri d’ufficio» in quanto, per esempio, «non vigilava in modo efficace sulla corretta esecuzione del contratto d’appalto» e si «impegnava a trovare soluzioni per non far emergere anomalie nell’esecuzione del contratto».
Ma nell'inchiesta finiscono anche materiali e strumentazioni che stanno più a cuore dei cittadini-pazienti rispetto a camici o pulizie.

Come quei due ecografi 3D con tomosintesi finiti in reparto ma dopo che due indagati «quali componenti della medesima commissione di gara, alteravano l'esito di tale procedura e ne turbavano lo svolgimento con mezzi fraudolenti», consistiti – secondo le accuse ancora tutte da dimostrare – non solo «nell'acquisire informazioni dettagliate in merito al prezzo che ciascuna azienda partecipante avrebbe presentato, prima dell'apertura delle buste relative all'offerta economica», ma anche nel «parametrare la valutazione del punteggio di qualità in modo da neutralizzare offerte economiche vantaggiose» per garantire l'aggiudicazione della gara alla società amica. E quando si parla di magheggi sulla qualità è d'obbligo volerci vedere chiaro.

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