La morte di Gianluca e Flavio
è un segnale: questa realtà
deve cambiare e tocca a noi

Flavio e Gianluca
di Daniele Sorvillo
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Lunedì 13 Luglio 2020, 12:50 - Ultimo aggiornamento: 20 Luglio, 10:22
Un altro giorno è trascorso ma Terni resta violentemente sconvolta dalla scomparsa dei suoi due giovani figli. La morte di Gianluca e Flavio è una ferita aperta che ha duramente segnato una comunità cittadina già sfregiata, dopo i duri mesi del lockdown e in attesa di un autunno che mette preoccupazione: un possibile secondo morso del covid-19 sarebbe un colpo mortale per l’umore e l’economia cittadina. Come una bomba esplosa nel cuore di una città già profondamente fragile e che stava provando, faticosamente, a rialzarsi e ricominciare a vivere, questa tragedia riporta sotto i riflettori la drammatica condizione di tanti ragazzi, in questo tempo malato, tra solitudine e noia. Girando per le vie arroventate da un’estate indifferente, gli occhi dei ragazzi svelano l’enorme turbamento che ha incrinato inesorabilmente il buonumore così tanto desiderato, ora che finalmente ci si illude che il pericolo sia passato: «conoscevo Gianluca – racconta Alessandra – abbiamo fatto asilo, elementari e medie insieme e appena ho saputo la notizia ho cominciato a tramare e piangere. Purtroppo fin dalle scuole medie è facile imbattersi nelle droghe, l’età del consumo si è molto abbassata. A quindici anni molti di noi sono già consapevoli degli effetti di certe sostanze perché, a quell’età, spesso non è la prima volta . E la maggior parte delle volte ciò succede per sentirsi “ganzi”». Accanto a lei, Martina annuisce e continua: «Uno dei problemi è che oggi, per farsi accettare, spesso si commettono sciocchezze, senza pensare alle conseguenze: ci si lascia trasportare, sentendosi forti, potenti, invincibili». Poco lontano, Leonardo si è fermato e ci tiene a dire la sua: «La strada della droga è un vicolo cieco, che porta spesso alla morte. Pensare che due ragazzi della mia età siano morti così presto mi spaventa e mi fa riflettere. Non sono i primi e, se non cambiamo tante cose, non saranno gli ultimi. Ma la colpa non è certo loro: siamo in una fase della nostra vita in cui siamo pieni di curiosità e ingenuità, un mix che può essere letale, come abbiamo visto. E persone senza scrupoli possono approfittare di ogni nostra debolezza. Oggi abbiamo paura ad avvicinarci agli altri, i social ci hanno "separati" sempre più e permettiamo a distrazioni “velenose” di distruggere i legami tra noi. Usciamo, stiamo fissi sul telefono, beviamo e ci ritroviamo il giorno dopo senza quasi ricordare niente. Bisogna essere fortunati ad avere intorno amici e familiari capaci di tenerci lontano dai guai». Fa davvero tanto caldo, in questo luglio ternano, e nella testa resta una domanda: di chi è la colpa? Benedetta, luminosi occhi azzurri, riflette un attimo e poi risponde: «credo che sia stata una grandissima disgrazia e non mi sento di poter puntare il dito contro qualcuno. Certo, è colpa del pusher, un uomo che sarebbe potuto essere il padre dei due ragazzi, capace di vendere la morte per 15 euro. Gianluca e Flavio, come molti altri, volevano soltanto sentirsi più grandi. Ma ci sono altri mille modi per potersi divertire, in compagnia dei propri amici. Oggi, però, i ragazzi non sanno più cosa fare: una volta caduti nella quotidianità cercano altri stimoli, qualcosa di nuovo, spesso le droghe, perché proibite. Il problema, però, è che si inizia quasi per gioco, ma poi si diventa dipendenti. La loro morte mi sembra uno dei tanti segnali che ci dovrebbero far allarmare e far capire che qualcosa non va, che questa società dovrebbe essere cambiata e a farlo dovremmo essere proprio noi».
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