Elena Sofia Ricci alla prova della regia al Mancinelli: «La mia tormentata Fedra più vicina a Freud che a Zeus»

Elena Sofia Ricci alla prova della regia al Mancinelli: «La mia tormentata Fedra più vicina a Freud che a Zeus»
di Vanna Ugolini
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Sabato 1 Ottobre 2022, 12:32

Decidere di portare in scena Fedra, la tragedia di Seneca, non è stata una sua scelta ma, alla fine, Elena Sofia Ricci, attrice pluripremiata e regista, ha trovato il modo per dialogare con questa figura che ha radici intrise nella mitologia greca, per consegnarla al pubblico nella sua complessità e, anche, nella sua contemporaneità. E non solo. «E' stato un viaggio bellissimo - racconta - fatto insieme a questi attori fantastici, a grandissime attrici. Ho temuto di non essere all'altezza, ho pensato di non farcela, infine ho raccolto la sfida». Il risultato di questo viaggio in cui Ricci ammette di aver messo anche molto di se stessa, lo si vedrà, in anteprima nazionale, al teatro Mancinelli di Orvieto - luogo del cuore per la regista, voluto fortemente per questa anteprima, anche per la stima e l'affetto che la lega al direttore artistico Pino Strabioli - domani alle 18.
Già nel racconto che la regista fa, però, si sente il suo coinvolgimento, la passione e la dedizione al lavoro compiuto. «Questa è la Fedra di Seneca, dove gli dei sono i grandi assenti. Il drammaturgo ci racconta dei demoni che albergano nelle nostre anime. In fondo Seneca ci rimanda, oggi, a Shakespeare e a Freud. Ci rimanda a fare i conti con la propria anima». Ogni personaggio di questa tragedia, trascinato dalle proprie passioni, commette errori che si riveleranno fatali. Nella vita di ogni protagonista resta indelebile il segno del proprio passato, delle nefandezze commesse dalle famiglie d'origine, segno che diventa il peso che trascina tutti i protagonisti a fondo.
Davanti alla complessità di questo testo Elena Sofia Ricci ha dovuto trovare una chiave di lettura e di interpretazione personali. Così si è messa davanti a Fedra, l'ha guardata dritta nell'anima: «Mi sono chiesta: Quale può essere la mia visione di Fedra oggi? Dove posso collocarla? Riflettendo e studiando, ho sentito che in questa tragedia c'è sicuramente all'interno di ciascuno di noi una parte di ogni personaggio, e che forse, in questa nostra era, siamo tutti un po' Ippolito: a pezzi, a brandelli. E così ho pensato che una discarica infernale, uno sfasciacarrozze di tutti i tempi, potesse essere il luogo in cui collocare questa Fedra».
Fedra, dunque, parla con le parole che Seneca ha scritto per lei (la traduzione dal latino è di Alfonso Traina) ma tutta la scena è collocata in un luogo senza tempo o, meglio, in un luogo che - per usare le parole di Ricci - è tutti i tempi: nella discarica in cui si compie la tragedia di Fedra, Ippolito e Teseo, ci sono resti di colonne greche ma anche una chitarra elettrica, candelabri d'argento e stracci, tanti stracci a raccontare di un'umanità scomposta.
E non basta. Il testo rimanda anche ad altre letture, «come quella politica, di Ippolito, che dice una frase bellissima: C'è l'ansia nelle coppe che bevono i potenti. Anche il rapporto conflittuale con il potere rievoca una sempre contemporanea messa in discussione della coscienza sociale», spiega la regista
In scena, per rappresentare questo testo, undici attori -la produzione è della Fondazione Teatro della Toscana Best Live - con Valentina Banci che interpreta Fedra, Sergio Basile (Teseo), Francesca Mazza (Nutrice),Gabriele Anagni (Ippolito). Come usciranno gli spettatori che sceglieranno di andare a vedere la Fedra di Elena Sofia Ricci? «Spero che questo spettacolo li interroghi, li lasci con delle domande su cui riflettere». Non indifferenti, dunque, prima di tutto.

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