Funzionario regionale indagato, «soldi per autorizzare rifiuti nelle cave»

Un sequestro da parte dei carabinieri forestali
di Michele MIlletti
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Venerdì 4 Dicembre 2020, 09:00

PERUGIA - Denaro «per evitare controlli presso le cave vincolate da sequestri o sospensioni, ottenendo anche sblocco delle autorizzazioni per una cava dislocata in Umbria, senza che ve ne fossero i presupposti giuridici». Questo, il cuore dell’inchiesta sul traffico illecito di rifiuti condotta dal Direzione distrettuale antimafia e dai carabinieri forestali di Ancona che ha portato (tra gli altri) all’iscrizione di un funzionario della Regione Umbria nel registro degli indagati con la pesante accusa di corruzione. Accusa ovviamente ancora tutta da dimostrare, con il funzionario che avrà modo di chiarire la propria posizione.
Un’indagine partita nel 2018 e che ha avuto un primo passaggio lo scorso mese di marzo, quando gli investigatori su ordine del gip di Ancona hanno eseguito misure cautelari personali e reali a carico di 5 soggetti e 4 società e nel complesso indagato 22 persone tra cui anche il dirigente regionale.
«Dal quadro indiziario emerge un ampio disegno criminoso, volto all’ottenimento di un rilevante ingiusto profitto economico, messo in campo da due soggetti - amministratori di fatto di una società di gestione e lavorazione dei rifiuti da demolizione e terrosi, sita in provincia di Ancona –, i quali, con il concorso di altri 20 indagati, hanno posto in essere traffici illeciti di rifiuti speciali da demolizione, organici e terrosi, omettendo di provvedere alle spese di recupero e conferimento presso siti autorizzati. Abbattendo tali spese, gli indagati riuscivano ad acquisire appalti presso numerosi cantieri - scrivono gli investigatori -. I rifiuti terrosi, giustificati come terreno vegetale da riutilizzare per la rinaturalizzazione, venivano anche occultati presso siti di cava, sospesi o pignorati, dove veniva anche prelevato abusivamente un ingente quantitativo di materiale inerte destinato poi al commercio nei cantieri edili, così da dissimulare di fatto lo stato di crisi delle società autorizzate alla coltivazione delle cave, riconducibili ad uno dei due indagati. Il prelievo illegale era reso possibile anche dai mancati controlli da parte delle autorità preposte, grazie al concorso di un funzionario e un dirigente del Comune di Fabriano, di un funzionario della Provincia di Ancona e di un funzionario della Regione Umbria».
Un traffico calcolato dai carabinieri, diretti dal tenente colonnello Simone Cecchini, in 640mila tonnellate di rifiuti pericolosi. Rifiuti che, è il sospetto degli investigatori, potrebbero essere transitati anche nella cava per cui un faccendiere (dipendente dei due imprenditori marchigiani intorno a cui ruota tutta la vicenda) avrebbe consegnato soldi al funzionario: il sito, secondo quanto si apprende, è nella zona di Gualdo Tadino e riconducibile proprio ai due imprenditori. Nei guai per il traffico illecito anche 4 aziende umbre, dislocate tra Gubbio e l’Altotevere.

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