Ospedale di Terni, i sindacati: «Lavoriamo senza tute, nella tenda del Pronto soccorso i medici gelano»

Ospedale di Terni, i sindacati: «Lavoriamo senza tute, nella tenda del Pronto soccorso i medici gelano»
di Sergio Capotosti
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Venerdì 4 Dicembre 2020, 09:18 - Ultimo aggiornamento: 12:35

Demotivati, stanchi, spaesati. Ecco come si sentono infermieri e medici del Santa Maria di Terni, da marzo in prima linea contro la pandemia. «Ogni giorno sembra come il primo giorno di Covid», ha detto il tecnico radiologo Lucio Moscetti, presidente delle Rsu dell'ospedale di Terni, riferendosi alla mancanza di organizzazione e programmazione per affrontare l'emergenza Covid-19. Insomma, si naviga a vista. «Lavoriamo in Rianimazione senza le cappe ma solo con i camici», ha detto l'infermiere Nicola Ambrosino, segretario aziendale della Cisl, per denunciare la mancanza di dispositivi di protezione come le cappe, che sono delle particolari tute studiate proprio per lavorare in rianimazioni perché più sicure dei normali camici. Moscetti e Ambrosino non si sono limitati a fare l'elenco delle cose che non vanno al Santa Maria, ma con i loro interventi accorati hanno fatto toccare con mano la gravità della situazione che ogni giorno si vive in corsia.

La richiesta di aiuto. Un grido di aiuto rivolto ai consiglieri comunali di Terni che ieri hanno ascoltato in videoconferenza i rappresentati sindacali del Santa Maria.
 

Gli interventi. L'ospedale da campo che non va, il paradosso dell'ex Milizia, le rianimazioni spostate qua e là, l'emergenza del personale in fuga, la chiusura della sala prelievi, la sanità privata in relazione alle liste di attesa. I rappresentati sindacali hanno messo in fila un problema dietro l'altro, con un filo comune che ha legato tutti gli interventi: la mancanza di organizzazione e programmazione da parte della Regione e della direzione aziendale del Santa Maria.

Il gelo nell'ospedale da campo. «A causa del freddo - ha denunciato Anisoara Feraru, rappresentante del sindacato infermieristico Nursing Up - le condizioni di lavoro all'interno dell'ospedale da campo sono tremende, a detta di infermieri e medici che hanno lavoro lì di notte. Per quello che so - ha aggiunto Feraru - so che sono stati ricoverati due o tre pazienti».
Una condizione di lavoro paradossale rispetto alla presenza di una struttura nuova e funzionante come la ex Milizia, che resta però inutilizzata per volere della Regione. «L'ex Milizia è fruibile? Sì. Se non dovesse essere utilizzata per il Covid, allora si trasferisca lì la sala prelievi che al Santa Maria ancora è chiusa, e per una risposta di un semplice emocromo si devono attendere anche 20 giorni», ha detto Mauro Candelori della Uil-Fp che ha bollato come «iniziative singolari», sia l'ospedale da campo che la convenzione con la clinica privata Porta Sole di Perugia per gli interventi chirurgici dei pazienti ternani in lista d'attesa. Altra nota dolente le liste d'attesa e il rapporto con la sanità privata. «Non vorremmo - ha denunciato Giorgio Lucci della Cgil-Fp - che con la scusa del Covid il perimetro della sanità pubblica si stringa sempre di più».

Ha parlato di «problema sociale» il segretario regionale Fsi-Usae, Paride Santi, sempre in riferimento alle liste di attesa. «Da una nostra indagine è emerso che una risonanza magnetica da un privato costa anche 350 euro. Non vorremmo che da oggi in poi solo i ricchi si possano curare». Il tema della rianimazioni è stato affrontato da Paolo Scaramuccia, segretario del NurSind. «Sono stati ricavati posti di emergenza nei locali di endoscopia e del 118.

Altri 14 posti saranno ricavati al terzo piano, ma assistiamo a continui spostamenti di personale da una parte all'altra».

Personale, "emergenza regionale". A proposito del personale, il sindacalista Fosco Giraldi ha parlato di «emergenza regionale», considerando la fuga di medici e infermieri dall'Umbria verso regioni che offrono contratti più remunerativi e stabili: «L'Umbria si salva solo se chiede al Governo di far applicare la Madia per le stabilizzazioni».

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