Storia delle ultime ore. Con i farmacisti, sempre molto attenti, che hanno iniziato a porsi il problema se le dotazioni in loro possesso siano tutte a norma di legge oppure no. Anche perché, come detto, si trovano poi a dover fare i conti con una richiesta di presidi costante cui non è facile fare fronte se lotti e confezioni vengono ritirate.
I PROBLEMI
Un esempio su tutti: ieri mattina in una farmacia perugina il personale stava facendo minuziose verifiche sulle mascherine in dotazione, per stabilire se la documentazione fosse totalmente in regola. Controlli e approfondimenti ulteriori frutto, evidentemente, delle notizie che si sono susseguite in queste settimane di mascherine messe in vendita e altre pronte alla commercializzazione finite nel mirino delle forze dell’ordine per via di alcune difformità.
Il caso recente delle 76mila mascherine sequestrate nelle ultime ore dalla guardia di finanza, al termine di un lavoro di interazione tra il comando di Perugia e quello di Isernia, in un centro di stoccaggio a Gubbio e nella sede di una società a Perugia può dirsi emblematico delle criticità registrate intorno a un bene che, settimana dopo settimana da inizio marzo, è diventato sempre più prezioso e di prima necessità e che, di conseguenza, muove interessi di milioni di euro: secondo quanto si apprende, a una parte delle mascherine sequestrate mancava la necessaria marcatura “CE” mentre l’altra parte era sprovvista delle certificazioni dell’Istituto Superiore di Sanità o dell’Inail. In particolare su quest’ultimo versante, secondo gli investigatori le mascherine erano state commercializzate in attesa che gli Enti dessero autorizzazione definitiva.
Grossisti con pochi scrupoli, insomma, pronti a massimizzare gli introiti: a farne le spese, come detto, sono per lo più i destinatari finali, che si vedono costretti comunque a fronteggiare un’emergenza nell’emergenza.
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