Paola, guarita dopo due mesi: «Ho pensato di impazzire, poi su whatsapp mi è arrivato un cuore: negativa!»

L'ospedale di Terni
di Monica Riccio e Vanna Ugolini
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Lunedì 27 Aprile 2020, 07:00 - Ultimo aggiornamento: 19:26

Tutto è iniziato a Orvieto, a fine febbraio, con un colpo di tosse ed è finito pochi giorni fa, il 23 aprile, con un cuoricino su whatsapp. Un segnale d'amore e di rinascita, che, tecnicamente, stava ad indicare che il secondo tampone era negativo ma, anche, che la vita ricominciava. Paola ha 45 anni, un lavoro in un ufficio pubblico, un marito e due figli. A fine febbraio comincia a tossire con forza, una tosse strana: «Ho avuto in passato una polmonite – racconta – e quindi ogni volta che ho la tosse, mi preoccupo».


I primi di marzo Paola chiama il proprio medico di famiglia, non si sente bene, la tosse continua, fastidiosa, persistente, ma non ha febbre, non ha dolori; «Non ti posso venire a visitare – le dice il medico – perché ho avuto contatti con pazienti Covid e preferirei non muovermi» ma le prescrive un antibiotico, da assumere per nove giorni, il sospetto è polmonite di origine batterica. Nessun miglioramento. Arriviamo al 25 marzo, Paola va in ospedale, fa una radiografia. 

Gli esami. «Gli operatori della Radiologia mi hanno guardato in modo strano, lì per lì non ho capito perché, ma ho visto i loro volti, non li dimenticherò mai; poi uno di loro mi dice di stare lontana e che avevo una polmonite in corso, a loro giudizio in risoluzione. Mi guardano, si guardano tra loro e mi dicono che preferiscono approfondire con una Tac, e mi portano a farla subito. Ero sola, non ero certamente preparata. Faccio la Tac e i risultati vengono prima esaminati da una pneumologa e poi da una infettivologa, per entrambe la polmonite è batterica, non è bilaterale, insomma secondo loro posso tornare a casa».
A casa però Paola non sta bene, la tosse la distrugge, e decide quindi di richiamare il proprio medico il quale, a quel punto, apre la procedura di sospetto Covid: «Il 27 marzo sono venuti a farmi il tampone, il 31 è arrivata la risposta. Avevo il Coronavirus, ero Covid positiva».

Covid positiva. A Paola cade il mondo addosso mentre legge la risposta, è isolata dal resto della famiglia, ma il suo pensiero è subito per loro. La vita della famiglia è stravolta: Paola resta isolata in camera sua (ha un suo bagno a disposizione), il resto della famiglia vive nel resto della casa. «Sì, è vero loro erano semplicemente dall'altra parte del muro della mia camera ma io vivevo con la paura, con il panico, giorno dopo giorno, sola, insieme al “mostro”. Mi distruggeva la mente – racconta – stavo sempre sola, certo in contatto con tutti tramite telefono, web, ma ero sola, sul mio letto, anche il giorno di Pasqua, Pasquetta, insomma ogni giorno uguale all'altro. Paura, panico. Questo provavo».

I valori, i riti della giornata cambiano continuamente, vengono stravolti. C'è poco da fare, tanto a cui pensare, pochi segnali a cui sostenersi: «Mi sono aggrappata al saturimetro, quando vedevo 98 o 99 mi calmavo, sapevo che si, stavo male, ma non poi così male come sentivo e leggevo accadesse ad altri. Mi si chiudeva la gola, avevo caldo, freddo, panico, il saturimetro era diventato il mio punto di riferimento».

La famiglia. Anche il mondo intorno, la sua famiglia, deve per forza cambiare il modo di vivere. «La mia famiglia intanto aveva imparato a gestire i miei pasti e i miei rifiuti, mio marito mi lasciava la cena fuori della camera e si allontanava, poi io la prendevo, e così via.

I medici. «E poi c'erano i medici della Usca (Unità speciale di continuità assistenziale), i miei angeli, mi chiamavano anche due volte al giorno, sempre carinissimi, gentili, sempre premurosi, mi seguivano a distanza e mi hanno consigliato il supporto psicologico. L'ho chiamato, mi hanno fatto tanta compagnia, sono stati meravigliosi, mi hanno spiegato tante cose. Non vedo l'ora di poterli vedere tutti di persona per ringraziarli, loro e gli altri della Usl Umbria 2, sempre presenti. Così come il mio medico che un giorno, protetto come si deve, è venuto a visitarmi».

I miglioramenti. Pian piano la tosse sparisce e Paola intravede la luce in fondo al tunnel: «Il 17 aprile ho fatto il primo tampone di verifica – dice – ho atteso la risposta come si attende la luce quando sei al buio. Negativo. Ma non era finita. Il 22 aprile sono stata sottoposta al secondo tampone. L'attesa più lunga della mia vita. Giovedì 23 è arrivata la risposta. Negativo! Era finita! E il messaggio con un cuoricino che mi ha mandato un medico della Usca mi ha riempito di gioia.»

La guarigione. «Venerdì mattina è arrivata la revoca della ordinanza di isolamento contumaciale a firma della sindaca Tardani. Mi sono commossa, potevo uscire. Sono andata a fare la spesa, incredibile si lo so, ma mi sentivo una aliena, credevo che tutti mi guardassero ma invece non era così. Devo riabituarmi a tutto.”

Il ritorno alla normalità. Lunedì 4 maggio Paola tornerà al proprio lavoro. Sarà un giorno per lei bellissimo. «Voglio tornare a vivere, anche se credo non dimenticherò mai questo brutto periodo.»” Paola ha battuto “il mostro”: «Ho voluto raccontare la mia storia – dice – perché ho combattuto una battaglia che non so nemmeno come è iniziata, che mi ha travolta come tanti altri, ma che mi ha fatto ricordare che si può e si deve chiedere aiuto quando è necessario, e perché voglio ringraziare tutti coloro che mi hanno curata, supportata e sopportata, con i loro consigli, le premure, le telefonate di controllo e perché ci sia sempre speranza per tutti di uscirne». 

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