Il giudice-choc: quella zona sotto
inchiesta non è la terra dei fuochi

L'area di Pietrafitta finita sotto indagine
di Egle Priolo
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Venerdì 29 Maggio 2020, 08:59
PERUGIA Terra dei fuochi? No. L'area della Valnestore intorno all'ex centrale Enel di Pietrafitta è sicura. Lo ha stabilito in dieci pagine il giudice Natalia Giubilei che ha definitivamente chiuso (almeno per la parte penale) la storia delle presunti ceneri tossiche, rigettando l'opposizione alla richiesta di archiviazione avanzata dalle parti civili e stabilendo il non luogo a procedere per Enel Distribuzione. Si conclude così una storia lunga anni che ha visto indagati, a vario titolo, per omicidio colposo, lesioni e inquinamento ambientale gli amministratori di Enel Distribuzione Giuseppe Molina e Luca Camillocci Solfaroli, Paolo Riccioni (titolare dell'azienda agraria R.G.), gli amministratori di Valnestore Sviluppo Enzo Patalocco e Ferruccio Bufaloni, i responsabili delegati in materia ambientale di Enel Produzione Romolo Bravetti, Claudio Altieri e Claudia Chiulli, oltre alla stessa Enel Produzione. I pm Paolo Abbritti e Gemma Miliani avevano – alla fine di complesse indagini, fatte di prelievi e accertamenti sulle cartelle cliniche di chi negli anni si era ammalato di tumore nella zona – chiesto l'archiviazione del caso, non vedendo «sussistente il nesso causale tra le condotte contestate agli indagati (le ceneri sotterrate nell’area, ndr) e gli eventi di morte e lesioni personali per malattie tumorali». E il giudice Giubilei ha fatto propria questa ricostruzione. Spiegando come «dalle indagini esperite non appare possibile sostenere, in un giudizio dibattimentale, la sussistenza di un preciso nesso causale che ponga in relazione la gestione dei rifiuti prodotti dalla centrale Enel di Pietrafitta, nonché di quelli prodotti dalla centrali liguri ed impiegate in Umbria, ed i decessi avvenuti negli anni in quella zona». Nesso invece considerato evidente dal Comitato per la salvaguardia della Valnestore (assistito dall'avvocato Valter Biscotti) che ha portato avanti la battaglia anche dal punto di vista ambientale insieme a Wwf, il gruppo ecologista Il Riccio, l’associazione No centrale biomasse a Fabro (assistiti dall’avvocato Valeria Passeri). Proprio riguardo alle accuse di inquinamento, il giudice ha sottolineato «le difficoltà di dimostrare una compromissione della matrice ambientale dal punto di vista oggettivo». «Questa decisione – commenta Federica Pala, legale di Riccioni – finalmente spiega come quest'area non sia affatto una Terra dei fuochi. È invece una terra che va riabilitata, rimarcando come non ci siano contaminazioni pericolose. Le perizie, le analisi, gli oltre 300 prelievi di Asl e Arpa, hanno dimostrato che non ci sono matrici ambientali inquinate. Dal dato epidemiologico, poi, emerge come non ci sia un dato percentuale di morti per tumore maggiore rispetto alla media umbra, ma anzi più basso. E non sono risultati ottenuti in maniera superficiale, visti gli oltre 4 anni di approfondimenti. Ora quest'area, anche dal punto di vista economico, può e deve ripartire. Le si deve ridare la dignità che merita». Egle Priolo
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