Sulla vetta del mondo con una sola mano. La sfida di Francesca nata senza una gamba e due avambracci

Francesca Cesarini
di Gianni Agostinelli
4 Minuti di Lettura
Martedì 19 Aprile 2022, 08:46 - Ultimo aggiornamento: 20 Aprile, 09:10

Ha quindici anni, una cascata di capelli ricci e di fronte ad una sciocchezza si apre in un largo sorriso. «No – dice – non ho mai pensato che potesse essere troppo difficile». Francesca Cesarini abita a Magione con la famiglia, la sorella maggiore e un palo in salotto che utilizza per allenarsi nel suo sport: la pole dance. Francesca è nata senza due avambracci e una gamba, e lo scorso anno è diventata campionessa italiana e poi campionessa del Mondo di para pole dance. Le gare sono state entrambe svolte in videoconferenza causa Covid, ogni atleta nella propria palestra. «La medaglia mi è arrivata a casa, per posta». Un momento di grande gioia che per i prossimi impegni sportivi tornerà condiviso, in presenza. «A giugno ci saranno i nuovi campionati italiani, stavolta andrò a Roma».


Ma la strada per arrivare ad essere campionessa del Mondo non è stata né breve né facile.
«L'inizio di questa passione non me lo so spiegare bene neanche io.

Non so se l'ho sognato, se l'ho visto da qualche parte, fatto sta che un giorno sono andata da mamma e le ho detto che volevo fare la pole dance. Per Natale avevo chiesto un palo per esercitarmi». Le hanno chiesto: Oppure? Altri desideri? «Oppure niente. Gli attrezzi per la pulizia del palo, semmai». E il palo è arrivato. «Col tempo ne sono arrivati due, veramente» dice il padre Marco. Quel palo si è preso il posto del divano e ha scombussolato non solo il salotto ma anche la vita di Francesca e della sua famiglia: ora è l'ombelico della sua storia di sportiva e di adolescente. La storia di Francesca Cesarini non è solo di determinazione e forza nello sport tanto che diventerà presto un docufilm per la regia di Daniele Suraci. C'è un crowdfunding lanciato dall'Associazione perugina MenteGlocale sulla piattaforma produzionidalbasso.com e che ha superato i 5mila euro. Sta per arrivare all'obiettivo anche col supporto di Banca Etica e per gli ultimi 20 giorni rimasti per le donazioni si aspetta il supporto di privati ed imprese umbre. I fondi serviranno per le attrezzature e la realizzazione del docufilm “Come una piuma”.

Intanto la vita di Francesca continua tra gli allenamenti a casa e quelli in palestra. A Perugia insieme alla sua allenatrice Elena Imbrogno, nella Plume Academy, dove si allena 4 volte a settimana. Allenano la flessibilità, la forza, le coreografie al palo. Sul carattere di Francesca sembra ci sia da lavorare di meno: è molto determinata. «Ho 15 anni e sono già campionessa italiana e mondiale ma da questo sport mi aspetto ancora molto. Non so se esista un limite, io voglio crescere come atleta, fare nuove figure. Mi diverte fare le gare, le ho sempre desiderate anche quando facevo altri sport come il nuoto, ma adesso ho trovato la mia strada. Quando ho fatto la prima prova con Elena ho sentito subito che la pole dance era una cosa mia, che poteva essere casa. Vincere è stata una gioia enorme, adesso voglio continuare».
Francesca non ha nessun idolo sportivo da emulare. Magari per qualche altro potrebbe già lei essere d'esempio. Ha incontrato Bebe Vio, hanno parlato di protesi agli arti ma, come dice Francesca: «Ho avuto le protesi alle braccia ma le ho odiate per tutto il periodo delle elementari. Senza di quelle posso fare molte più cose. Non sento l'esigenza di metterle, io sono felice così». Al di fuori della palestra c'è la passione per la lettura, romanzi fantasy, Harry Potter. «Stare con gli amici, uscire insieme, mangiare al McDonald's».

 Francesca frequenta il Giordano Bruno, indirizzo biologico sanitario. «Mi piacciono le materie scientifiche», racconta così le sue passioni. Alcune forse resteranno rivoli, altre già trasformate in oceani. Nel mezzo le difficoltà per raggiungere quello che nelle vite degli altri è dato per scontato. Le difficoltà le ha sempre avute davanti agli occhi, ora dopo ora. «Da piccola a scuola, mi dava fastidio sentirmi presa di mira». Il ricordo doloroso lo chiude con un ragionamento che meriterebbe un'altra medaglia d'oro: «Erano comunque cose dette nell'innocenza dei bambini, poi si cresce».

© RIPRODUZIONE RISERVATA