Foligno, biodigestore sotto inchiesta per violazioni ambientali

Foligno, biodigestore sotto inchiesta per violazioni ambientali
di Luca Benedetti
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Giovedì 14 Novembre 2019, 17:24
FOLIGNO - Con la regia della Procura della Repubblica di Spoleto e gli accertamenti dei carabinieri del Noe, il passo sui dubbi legati ad alcuni aspetti sul funzionamento del biodigestore di Casone (Foligno), diventano inchiesta. Con acquisizioni, accertamenti e ipotesi di violazioni di carattere ambientale. Ipotesi tutte da dimostrare, naturalmente. L’inchiesta è uno snodo chiave se è vero che nei giorni scorsi la Procura della Repubblica guidata da Alessandro Cannevale, ha chiesto una proroga delle indagini. Segno che gli accertamenti sono complessi e hanno bisogno di tempo. Non bastassero anche le acquisizioni documentali avvenute nei mesi scorsi non solo sul funzionamento dell’impianto.
Il biodigestore ha l’etichetta di Asja sotto al titolo “Foligno Biometano”, cioè un progetto innovativo promosso da Auri e Vus che integra l’attuale impianto di Casone (selezione dei rifiuti) e ha l’obiettivo di permettere la gestione più efficace le attività di recupero della frazione organica dei rifiuti solidi urbani (cioè il Fou).
LA TECNOLOGIA
L’impianto, inaugurato alle porte di Foligno, nell’estate del 2018, è stato realizzato ed è gestito da Asja Ambiente Italia e produce non solo compost ma anche biometano. Il sistema impiantistico si compone di due sezioni: una per la produzione di biometano e una per la produzione di compost. Le due sezioni sono distinte ma progettate per operare sia in modo autonomo dal punto di vista funzionale, sia in modo integrato.
LE POLEMICHE
Intorno alla costruzione prima e all’avvio dell’attività del biodigestore di Casone poi, c’è stato un fuoco di fila ambientalista con tanto di ricorso al Tar che però il Tribunale amministrativo regionale (nel luglio dell’anno scorso con deposito della sentenza il 31 agosto 2018) ha dichiarato inammissibile. Tra i più attivi a opporsi alla nuova impiantistica legata, inizialmente, ai piani dell’ex Ati 3 il Wwf che lo scorso mese di luglio aveva reso noto una intervento dell’Arpa in quanto il compost realizzato dal biodigestore non aveva valori conformi a quanto previsto. In particolare, scriveva l’Arpa, «le analisi effettuate sul compost prodotto, in uscita dall’impianto di lavorazione, non sono risultate conformi, per tale motivo, sono stati chiesti i provvedimenti previsti all’Autorità competente (la Regione dell’Umbria, Servizio autorizzazioni ambientali ndr), che ha emesso atto di diffida...». Un fatto che si era verificato la scorsa primavera tanto per ricordare come ci sia sempre stata particolare attenzione nei confronti del nuovo impianto per il trattamento dei rifiuti.
L’ESPOSTO
Tra l’altro sulla nascita dell’impianto con la finanza di progetto c’è un esposto alla Procura della Repubblica di Spoleto firmato da Sauro Presenzini in qualità di presidente provinciale. Era la primavera del 2017 e nel corposo dossier si ripercorreva tutta la storia che ha portato alla nascita del nuovo impianto in località Casone, carte in cui il Wwf adombrò scelte pubbliche accidentate rispetto alle procedure per la realizzazione del biodigestore. Oltre, di passaggio, ad adombrare rischi per la salute rispetto alla costruzione gestione di impianti di quel tipo.
Adesso la Procura chiede l’allungamento dei tempi per indagare. Non su quanto richiesto dal WWf, ma su possibili violazioni di carattere ambientale su cui sta lavorando il Nucleo Operativo ecologico dei carabinieri guidati dal maggiore Francesco Motta. Carabinieri del Noe che si sono mossi da tempo anche con acquisizioni di documenti nelle sedi delle società pubbliche che hanno seguito tutto l’iter della realizzazione del biodigestore ipotizzando violazioni di carattere ambientale.
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