Corso Cavour 99/ E se Romizi fosse il candidato del centrosinistra?

Alessandro Capi
di Alessandro Campi
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Domenica 17 Giugno 2018, 15:42
PERUGIA - A furia di ripetere che l’Umbria è il cuore verde d’Italia, l’Umbria si appresta a diventare verde anche politicamente. Alle elezioni del 4 marzo la neo-Lega salviniana ha ottenuto il 20% dei voti (nel 2013 aveva il 4%, ma già alle regionali del 2015 aveva ottenuto un significativo 14%). L’onda pare tuttavia inarrestabile: alle recentissime comunali di Terni ha sfiorato il 30%: una percentuale da lombardo-veneto.

Il prossimo anno si voterà a Perugia e giustamente ci si chiede, per come sono drasticamente cambiati gli equilibri nel centrodestra, che ne sarà della ricandidatura di Andrea Romizi. Viene data per scontata, ma a quali condizioni politiche? Attualmente la Lega nemmeno siede a Palazzo dei Priori, non avendo presentato una propria lista alle amministrative del giugno 2014 e avendo nel frattempo perso l’unico consigliere che si era momentaneamente accasato all’ombra del Carroccio (Felicioni).

Alle politiche del marzo scorso, in linea col dato nazionale, in città i leghisti hanno avuto il 17%. Facile immaginare che il prossimo anno, non solo presenteranno il loro simbolo senza problemi, ma chiederanno certamente molto ai loro alleati. Tanto più se il governo in carica a Roma dovesse durare. La Lega – come indicano i sondaggi – non fa altro che crescere a scapito innanzitutto di Forza Italia. Anche in Umbria quello di Berlusconi è sempre più un non-partito, ovvero una sigla elettorale, in continuo calo di consensi e di idee. La Lega invece negli ultimi anni si è fortemente radicata sul territorio, con sedi e una vasta rete di dirigenti e attivisti. Merito in particolare del commissario Stefano Candiani, mandato in Umbria nel 2014 da Varese per dare forma e ordine ad una forza sin a quel momento quasi inesistente: una tecnica organizzativa da vecchio partito comunista. Oggi Candiani, assolto brillantemente il suo compito, è sottosegretario agli Interni sotto Matteo Salvini nel Governo Conte: è l’unico aggancio col sottogoverno che l’Umbria può, anche se indirettamente, vantare, visto che nella partita dei sottosegretari non ha ottenuto assolutamente nulla.

Per tornare alle comunali perugine, la prima ipotesi è che – avendo come suo vero obiettivo la candidatura per la Regione Umbria nel 2020 e avendo nel frattempo ottenuto il Primo cittadino a Terni (salvo sorprese difficili persino da immaginare) – la Lega decida di sostenere la seconda candidatura di Romizi. Ma a condizione ovviamente di blindarlo: il vice-sindaco e gli assessori più importanti, in caso di vittoria, non potrebbero che essere leghisti.

L’altra ipotesi è che – inebriata dai successi già ottenuti e confortata dai crescenti consensi – la Lega decida di prendersi anche la candidatura per Perugia, con gli alleati riottosi ma nell’impossibilità di negare una simile richiesta. Anche perché le alternative potrebbero essere, soprattutto per Forza Italia (di cui Romizi è pur sempre un esponente), ancora peggiori. La prima: la Lega corre da sola, con un proprio esponente, magari portando con sé quelli di Fratelli d’Italia, che già pensano e parlano da leghisti e dunque nemmeno si capisce perché si ostinino a voler essere un partito a sé. La seconda: la Lega trova un accordo (di alleanza, di desistenza…) con il M5S e a quel punto forse nemmeno ci sarà bisogno del ballottaggio.

Ma quella più interessante, se questo è lo scenario che si profila, è l’alternativa numero tre. Ce lo vedete Andrea Romizi, un cattolico timido ed educato cresciuto negli scout, uno convinto da sempre che il centrodestra abbia conquistato quasi per sbaglio la poltrona da Sindaco, uno che ha fatto di tutto per rendersi ecumenico e per non appiattirsi sulla maggioranza che lo sostiene, prendere ordini dai leghisti o guidare una Giunta di cui questi ultimi sarebbero il motore politico-ideologico?

Il centrosinistra perugino al momento non ha un candidato credibile che possa farcela nella corsa verso Palazzo dei Priori. I nomi che circolano o sono inventati, o sono indisponibili, o sono destinati ad una sconfitta certa. A meno che…  Certo, sembra fantapolitica, anche se qualche conciliabolo sull’argomento pare ci sia stato. Romizi, per indole e temperamento, per visione politica e visione della città, sarebbe in effetti il candidato ideale di un cartello moderato-progressista (includente il Pd, la lista civica dello stesso Romizi, spezzoni centristi e magari i berlusconiani camuffati sotto qualche sigla di comodo) che provi a contrapporsi all’irresistibile (sulla carta) avanzata dei leghisti. Persino la Curia potrebbe metterci la firma su un’operazione del genere.

Sui territori di combinazione politiche strane se ne vedono ormai d’ogni tipo. Questa perugina non sarebbe nemmeno la più eccentrica o inverosimile. Di certo sarebbe divertente. Ma per realizzarsi richiede almeno due condizioni. Un coraggio personale che a Romizi al momento sembra mancare. Una fantasia politica che la sinistra cittadina ancora non ha dimostrato di possedere.
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