Terni, ucciso a 27 anni, governo nega indennizzo: «Guadagnava troppo»

Terni, ucciso a 27 anni, governo nega indennizzo: «Guadagnava troppo»
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Mercoledì 27 Luglio 2016, 15:04 - Ultimo aggiornamento: 28 Luglio, 14:19
È troppo «ricca» per accedervi e così la famiglia di David Raggi, il 27enne di Terni ucciso nel marzo 2015 da un marocchino ubriaco, non potrà avere alcun indennizzo nell'ambito del fondo per le vittime di reati intenzionali e violenti, istituito dalla legge 122 dello scorso 7 luglio. Il giovane, che aveva cominciato a lavorare da un anno, aveva infatti un reddito di 13.500 euro, mentre la normativa italiana (che, in ritardo, ha recepito una direttiva europea in materia che risale al 2004) ha fissato come soglia di accesso al fondo quella degli 11.500 euro.

«Sto scrivendo ai parlamentari umbri, affinché si facciano promotori di una modifica alla legge 122 del 7 luglio, quella che prevede un indennizzo alle vittime di violenza»: ad annunciarlo è il sindaco di Terni, Leopoldo Di Girolamo, subito dopo aver appreso che alla famiglia di David Raggi, il 27enne ucciso nella città umbra nel marzo 2015 da un marocchino ubriaco, non viene riconosciuto il risarcimento previsto dallo Stato. Per il sindaco di Terni, «è assurdo considerare il reddito di David Raggi tale da non consentire alcun risarcimento, il tetto di 11.500 euro è troppo penalizzante, lo è ancor di più per un ragazzo come David che lo aveva superato per poche centinaia di euro. Si penalizza ancor di più un giovane operoso, che non voleva pesare sulla sua famiglia, un ragazzo esemplare che ha trovato una morte assurda e priva di ogni giustificazione».

Di «limitazione gravissima e incostituzionale» parla il legale della famiglia Raggi, l'avvocato Massimo Proietti, che assiste anche i parenti, che si trovano in situazioni analoghe, di Pietro Raccagni, il commerciante della provincia di Brescia ucciso durante una rapina in villa da una banda di stranieri nel luglio 2014, e di Carlo Macro, il 33enne trafitto al cuore con un cacciavite da un indiano clandestino, a Roma, nel febbraio dello stesso anno.
Anche per le famiglie di queste ultime due vittime non è previsto infatti al momento alcun risarcimento, sempre per motivi reddituali. «Questa norma è contraria ai principi costituzionali interni ed europei», dice ancora il legale, annunciando che solleverà una questione di legittimità costituzionale nell'ambito della causa civile già intentata davanti al tribunale di Roma dalla famiglia Macro contro lo Stato, per la mancata protezione di un proprio cittadino, e la cui prima udienza è fissata per il 12 dicembre prossimo (anche le altre due famiglie hanno intentato la causa, ma l'atto di citazione a giudizio è stato già notificato). Per l'avvocato Proietti la nuova legge presenta inoltre un'altra anomalia, relativa all'entità del fondo. «Quest'ultimo - spiega - è stato accorpato al già esistente fondo per le vittime dei reati di mafia, estorsione ed usura, con un'integrazione di appena 2 milioni e 600 mila euro l'anno. Si tratta di una cifra insufficiente a soddisfare tutte le richieste e, tra l'altro, al momento non ci sono previsioni né sull'entità dell'indennità, né sulle modalità e i tempi di erogazione. È quindi un fondo che di fatto non risarcirà nessuno, una presa in giro e un'elemosina». Secondo il legale, dunque, «la legge, passata in sordina, non sortirà alcun effetto e non avrà alcun beneficio per la maggior parte dei danneggiati».
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