Croce (Sapienza): «Fuga dai borghi, serve un'alleanza tra comuni contro la desertificazione»

L'analisi dell'economista dell'Università La Sapienza sullo spopolamento dei centri minori e le soluzioni per contrastarlo

Croce (Sapienza): «Fuga dai borghi, serve un'alleanza tra comuni contro la desertificazione»
di Giuseppe Croce
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Giovedì 13 Aprile 2023, 10:44

 I dati demografici ci raccontano già oggi quale sarà il futuro dei nostri territori. In quasi tutti i comuni dell’area ternana-narnese tra il 2001 e il 2014 la popolazione mostrava ancora una modesta crescita o era già in equilibrio precario. Da quel momento assistiamo a un calo generalizzato. Tra 2014 e 2019 solo il comune di Narni perde più di mille residenti, Terni oltre 900 e Amelia altri 350. Infine tra 2019 e 2022, gli anni della pandemia, il calo accelera e diventa drammatico per il comune di Terni che perde quasi 3400 residenti in tre anni. Ad Acquasparta e Montecastrilli la popolazione diminuisce di altre quasi 200 persone ciascuno. La tendenza riguarda tanto i comuni più piccoli quanto il capoluogo, ma in termini percentuali colpisce spesso in modo più duro i primi: Polino -8,4%, Arrone -5,6%, Otricoli -4,2%, Penna – 3,9%, Montecastrilli -3,8%, Calvi -3,6%, Alviano -3,3%. Il prolungarsi di queste tendenze, in aree già a bassissima densità abitativa, prefigura un futuro di abbandono e desertificazione. Le cause di questa tendenza sono note.

Non è che la coda del processo epocale di sostituzione dell’economia agricola con una terziaria, che non ha necessità di essere dispersa nel territorio e tende sempre più a concentrarsi nelle aree urbane. È chiaro a chiunque che ogni tentativo e tentazione di bloccare le tendenze in atto per conservare equilibri passati sarebbe un’operazione nostalgica e senza possibilità di successo. Ma allora rimangono delle opportunità, magari limitate ma realistiche, per questi territori e, in particolare, per le aree più periferiche e interne per immaginarsi un futuro anziché attendere passivamente un destino di abbandono?

Le opportunità esistono e vanno cercate tra le pieghe delle grandi tendenze sociali in atto, sfruttando le possibilità di combinarle, in forme in gran parte ancora da esplorare, con le micro-risorse locali e distintive del territorio. Al di là delle zone che potranno conservare insediamenti industriali vitali, il resto di queste aree dovrà puntare su nuovi modelli di residenzialità. Non una popolazione che vive e lavora stabilmente in un luogo ma una “popolazione instabile” attratta nei centri minori per motivi diversi, dal turismo nelle tante particolari accezioni che oggi questo termine può assumere, al tempo libero fino, non ultimo, al lavoro da remoto. Lavoro da remoto e commercio online consentono oggi di superare l’isolamento. La riduzione degli orari di lavoro aumenta il tempo libero. La crescita della popolazione pensionata ma ancora attiva e la globalizzazione dei flussi turistici aumentano la domanda potenziale. Ovviamente sono necessarie anche risorse e requisiti locali, in particolare il paesaggio e la qualità dell’ambiente e un patrimonio edilizio di valore storico. Una leva decisiva è il permanere di un forte legame della popolazione ancora residente con il territorio, che è il presupposto per attivare nuove iniziative imprenditoriali. Servono, però, anche un’ottima connessione internet e buona accessibilità alle principali vie di comunicazione, e da questo punto di vista questa parte dell’Umbria sconta gravi ritardi.

Lungo questa strada non si recupera il calo dei residenti stabili ma si possono aumentare le presenze e rivitalizzare i territori. Questo può creare spazi per iniziative imprenditoriali nei servizi di accoglienza, anche evoluti, che si combinano con agricoltura, attività produttive, culturali e sportive, e sollecita il recupero del patrimonio artistico-culturale locale. Tuttavia affinché questo processo possa prendere corpo e diventare davvero opportunità di crescita non basterà lo spontaneismo e la buona volontà dei singoli. Sono necessarie visioni e strategie condivise tra amministrazioni, imprenditori e i soggetti del territorio. Soprattutto, i piccoli comuni devono imparare a fare squadra. Frammentazione amministrativa e campanilismo condannano all’inerzia. Serve un’alleanza territoriale tra i comuni più piccoli ma che comprenda anche i centri urbani maggiori, Narni e Terni. Il timore che i comuni più grandi cannibalizzino i piccoli, seppur realistico, può essere superato esigendo le opportune garanzie e non deve diventare un alibi. Il rafforzamento dei centri urbani più grandi in termini di crescita e dotazione di servizi non è una minaccia per le aree rurali ma una condizione essenziale per il loro stesso sviluppo.

Senza un centro urbano vitale e vivace neanche le aree rurali circostanti possono pensare di farcela.

D’altra parte Terni non ha nulla da guadagnare da uno scenario di desertificazione delle aree circostanti poiché queste rappresentano una risorsa aggiuntiva in grado di generare un’importante domanda di servizi per Terni stessa. Anche osservando le cose dal punto di vista delle aree periferiche, quindi, la strada per intraprendere un nuovo percorso di crescita è quella dell’unione tra i comuni del sistema locale del lavoro di Terni. Non mancano gli esempi virtuosi nel Centro Italia in questo senso. Eppure ancora nessuno sembra mostrare interesse in questa direzione. A poco più di un mese dalle elezioni amministrative di Terni, i politici in campo restano muti anche su questo, troppo presi dai giochi di posizionamento forse importanti per il loro personale futuro ma non per quello della città. L’unico fatto positivo da registrare, di primaria importanza, è la presenza di entrambi i comuni di Terni e Narni all’interno della costituenda seconda Fondazione Its umbra. Vogliamo prenderlo come un auspicio che si stia facendo largo una nuova consapevolezza. 

Professore di Economia, Università La Sapienza Roma

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