I prof Mencacci e Stracci: «Dire che il virus è indebolito è pericoloso»

I prof Mencacci e Stracci: «Dire che il virus è indebolito è pericoloso»
di Antonella Mencacci e Fabrizio Stracci
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Giovedì 22 Aprile 2021, 08:30

PERUGIA - Nella ciclicità dell’epidemia da SARS-CoV-2 si alternano periodi in cui i contagi aumentano bruscamente ad altri in cui l’epidemia sembra spegnersi, magari più lentamente di quanto vorremmo e magari a prezzo di misure e sacrifici che ci mettono a dura prova. Nei periodi in cui prevalgono le guarigioni ed è possibile diminuire le misure di riduzione della mobilità e dei contatti, fioriscono anche affermazioni piene di ottimismo, dichiarazioni primaverili potremmo definirle apparentemente in armonia con il contesto epidemico e con la stagionalità dei virus respiratori: “Il virus perde forza”, “è invecchiato”, “soffre il caldo”, “è affaticato”, “si adatta per non fare del male all’uomo che gentilmente lo ospita” e così via.
Pur riconoscendo che queste affermazioni, dette da tecnici esperti, hanno il fine di infondere ottimismo in una popolazione affranta, riteniamo che affermazioni simili siano molto pericolose soprattutto in questo momento, soprattutto nell’imminenza di riaperture. Abbiamo già visto che queste affermazioni “primaverili” hanno poi ceduto il passo alle ben più cupe affermazioni “autunnali” nella stagione della ripresa epidemica dello scorso ottobre.
L’omoplasia (fenomeno per cui un virus muta in modo “indipendentemente simile” nelle diverse aree geografiche senza un progenitore comune) si è sviluppata sì, ma nella direzione di produrre varianti virali sicuramente più contagiose e probabilmente più virulente (ad esempio nel caso di quella inglese), e i modelli avevano stranamente ragione nell’indicare un’elevata probabilità di ripresa epidemica dopo l’estate, predizione evidentemente più semplice della nevicata meneghina nel giorno di Sant’Ambrogio. Il virus, dunque, non è indebolito, è sempre lo stesso o è addirittura più “pericoloso”. Solo che i casi diagnosticati nella fase acuta dell’infezione, nel momento in cui la carica virale è massima, tendono ora a ridursi grazie alle misure di contenimento e quindi diventano numericamente più importanti i casi che sono intercettati casualmente, ad esempio quando i pazienti accedono al servizio sanitario e ai test diagnostici per altri motivi di salute, magari al termine di una infezione (spesso asintomatica) e quindi con bassa carica virale.
Le affermazioni sul ravvedimento di SARS-CoV-2 sono pericolose in questo momento proprio perché assecondano la percezione che il problema sia risolto grazie a indubbie contingenze favorevoli, quali la disponibilità di vaccini, il miglioramento della gestione clinica, l’approssimarsi della stagione estiva, e quindi assecondano il nostro desiderio di lasciarci la pandemia alle spalle con tutte le sue maschere e le distanze che ha scavato nelle nostre relazioni sociali. Queste affermazioni sono pericolose perché ci inducono a cessare ogni misura e ogni attenzione in un tempo in cui il virus circola ancora attivamente, in cui ancora miete vittime in gran numero, in cui i vaccini sembrano essere meno efficaci verso alcune varianti, in cui si corrono dei rischi riaprendo scuole e attività che inevitabilmente tendono ad accrescere le occasioni di contagio. Queste affermazioni, anche se seguite da blande raccomandazioni sull’opportunità di mantenere le distanze e usare le mascherine, possono trasformare un “rischio controllato” in un azzardo.
A nostro avviso è questo il momento di operare riaperture purché siano controllate, di mantenere alta l’attenzione, di continuare con le distanze e le misure di prevenzione, di evitare situazioni di rischio incontrollato. È questo il momento di rafforzare negli operatori scolastici, nei sanitari, nei titolari di attività e nei lavoratori la determinazione a mirare all’eliminazione della circolazione del virus e a scongiurarne la ricomparsa nel prossimo autunno. È il momento della responsabilità dei singoli, delle riaperture col massimo sforzo per garantire la sicurezza (chi sarebbe più danneggiato delle attività a rischio in caso di ripresa epidemica?), degli interventi strutturali (ad esempio, sulla capienza dei mezzi di trasporto pubblico, sull’impiego ampio ed intelligente delle strategie diagnostiche), dei controlli attenti per scongiurare imprudenze ed errori.

Insomma, ormai sappiamo bene come si deve fare per evitare di infettarci, dunque ripartiamo applicando sempre quello che abbiamo imparato e non contiamo su un virus più “buono”.

prof.ssa Antonella Mencacci
Direttore della Scuola di Specializzazione in Microbiologia, Università di Perugia
Prof. Fabrizio Stracci
Direttore della Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Università di Perugia

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