«Così aiuteremo gli ospedali di Perugia e Spoleto»

«Così aiuteremo gli ospedali di Perugia e Spoleto»
di Ilaria Bosi
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Lunedì 22 Febbraio 2021, 09:15 - Ultimo aggiornamento: 10:53

SPOLETO - È arrivato a Spoleto dopo un anno di intenso lavoro nella Rianimazione cardiopolmonare del San Matteo di Pavia, dove ha gestito in prima linea l’emergenza Covid, anche come direttore di struttura. Il dottor Mirko Belliato ha poco più di 45 anni ed è uno dei 19 sanitari arrivati dalla Lombardia per aiutare i colleghi umbri. Sono da ieri non solo a Spoleto, ma anche a Perugia.

Perché ha risposto al bando?

«Perché se c’è bisogno occorre rispondere di sì. Io avrei apprezzato la stessa cosa se fosse stato al contrario, quindi anche se l’anno è ancora in corso e a Pavia continuiamo ad avere i nostri pazienti, su la pressione è leggermente minore rispetto a prima e mi è sembrato giusto dare una mano qui. Non sarà risolutivo al 100 per cento, ma sicuramente può dare un aiuto, anche solo morale. Un modo per dire: Non siete soli».

Con quale aspettativa arriva in Umbria?

«Starò per circa due settimane nell’ospedale di Spoleto, ma solo dopo un incontro con i colleghi saprò esattamente dove c’è bisogno di intervenire. Io ho un’esperienza abbastanza ampia, anche sul lato covid, ora bisognerà vedere quali sono, qui, le necessità. Se, insomma, c’è bisogno di posti letto o di supporto nelle cure oppure, banalmente, necessità di avere dei cambi per poter tirare il fiato. Non conosco nel dettaglio che tipo di supporto posso dare, ma tenendo conto del fatto che ho diretto una rianimazione (tuttora sono direttore) e nel periodo covid ne ho aperte due contemporaneamente, magari posso dare il mio contributo anche sul fronte organizzativo. Io ci sono, per ogni necessità, anche per impegnarmi in modo fattivo con i pazienti.

Mi sono sempre occupato di rianimazione cardiopolmonare, tra stasera e domani (oggi per chi legge, ndr) avrò un quadro più chiaro».

Qual è stato il momento più difficile in questo anno di emergenza?

«Da noi a fine marzo: sembrava non ci fosse una fine. La curva dei ricoveri continuava a salire. Poi ad aprile ha iniziato ad appiattirsi e siamo riusciti a dare a tutti i pazienti quello di cui necessitavano, senza dover fare scelte drammatiche, come invece è accaduto in altre sedi ospedaliere».

Ha già studiato la situazione attuale dell’Umbria?

«Sì, ho cercato di farmi un’idea attraverso i dati. La seconda ondata, rispetto alla prima, ha un carattere diverso: la tendenza a salire è minore, mentre più alta è quella a protrarsi nel tempo. Si tratta quindi di una curva meno acuta, ma più lunga. Non è certamente una cosa positiva, però lascia un pochettino di tempo in più per potersi attrezzare. Quel tempo che a marzo, tra Pavia, Lodi, Cremona e Mantova, non abbiamo avuto. All’epoca la velocità di salita è stata tre volte tanto quella di ottobre».

Conosceva già questa regione?

«Sì, sono stato più di una volta ad Assisi. L’ultima tempo fa: ero insieme alla mia compagna a un congresso a Rimini e siamo fuggiti in Umbria per un week end. In quella occasione siamo stati proprio ad Assisi, poi a Foligno. Ricordo di aver acquistato dell’olio, eccezionale, e di aver avuto modo di apprezzare tante prelibatezze, come ad esempio il sedano nero di Trevi. Ora, con la mia patente da vaccinato, scoprirò meglio Spoleto». Ilaria Bosi

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