Covid, aspettative tradite e stress: tre medici umbri su quattro vogliono lasciare

Covid, aspettative tradite e stress: tre medici umbri su quattro vogliono lasciare
di Fabio Nucci
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Venerdì 11 Febbraio 2022, 07:47

PERUGIA Stanchi, disillusi e demotivati. Dopo due anni in prima linea per combattere il Covid, ma anche le viscosità del sistema sanitario e il super lavoro, i medici ospedalieri hanno fatto sentire la loro voce in un sondaggio realizzato dal sindacato Cimo-Fesmed. Per l’Umbria hanno aderito 239 degli oltre 2mila professionisti che lavorano nelle strutture sanitarie dell’Umbria.
Le risposte disegnano fatica, ma anche aspettative “tradite” e quasi un desiderio di fuga dalla sanità pubblica. «C’era la necessità di fotografare la situazione lavorativa del medico ospedaliero a due anni dall’inizio della pandemia – osserva Cristina Cenci, vice segretario regionale Cimo – e l’elevato numero di adesioni al sondaggio, rispetto al dato nazionale, testimonia il bisogno dei colleghi umbri di far sentire la loro voce». L’esito del sondaggio rivela che il 77% degli intervistati vorrebbe continuare a svolgere la professione medica, ma solo il 26,4% resterebbe nella sanità pubblica. Il 17% preferirebbe lavorare nel privato, il 21,9% fare un’esperienza all’estero, il 15,1% svolgere la libera professione e il 19,6% anticipare il pensionamento. «Emerge l’immagine di un professionista disilluso – aggiunge la dottoressa Cenci – che vede crollare aspettative che a inizio carriera erano alte e che oggi crollano: solo per il 13% restano tali». E stando all’età media degli intervistati, bastano 15 anni di servizio per far crollare le aspettative dei camici bianchi.
Tra i quali, il 73,2% pone l’accento anche sullo stress psicofisico causato dall’impegno sul fronte Covid: il 66,5% reputa alto il rischio professionale corso negli ultimi due anni e il 49,3% ritiene di aver messo a repentaglio la sicurezza della propria famiglia. Il 67% ha inoltre dichiarato di aver ricevuto supporto dai colleghi, il 19% da familiari e amici, e solo il 5% da società e istituzioni. «Emerge una chiara percezione di abbandono», si sottolinea dai vertici del sindacato. «Questa ricerca ha certificato la sensazione che i colleghi vivono in corsia» aggiunge il segretario regionale Cimo, Marco Coccetta. «Un senso di profondo disagio, di frustrazione e impotenza di fronte alle crescenti difficoltà che si incontrano: come letti sui corridoi e medici costretti ad assistere anche il doppio dei pazienti che normalmente hanno in carico». Un logorio alimentato da super lavoro (il 24% dichiara di lavorare oltre le 48 ore settimanali) e burocrazia (il 64% del tempo è dedicato ad atti amministrativi). «L’indagine – conclude Coccetta - mette bene in evidenza come il Sistema sanitario nazionale, oltre che regionale, sia un malato grave che necessita di cure immediate, ovvero di risorse».

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