Covid, i danni per la lunga Dad? «Più emotivi che culturali»

Covid, i danni per la lunga Dad? «Più emotivi che culturali»
di Remo Gasperini
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Sabato 20 Febbraio 2021, 13:15

PERUGIA - Che tempo fa per i ragazzi delle scuole superiori al termine di trimestre, quadrimestre o pentamestre? Mette al bello perché tanto con la Dad i prof chiudono un occhio e fioccano i bei voti oppure si avvertono i morsi di un crescente gap culturale? Rispondono i dirigenti scolastici che hanno il polso della situazione. Secondo Rita Coccia, la preside dell’Itts Volta che con i suoi 1800 studenti ha il campione più rappresentativo, la situazione è chiara: «Gli studenti che hanno compreso che la DDI è una grande opportunità per continuare il proprio processo di formazione, anche se a distanza e senza il contatto con la classe e i docenti, hanno conseguito risultati positivi; gli studenti che non hanno ritenuto opportuno recuperare attraverso tutti i percorsi attivati dalla scuola e che confidano in una “sanatoria” collettiva, evidenziano problematicità diffuse nella maggior parte delle discipline». La dirigente del Volta aggiunge che «le maggiori carenze si riscontrano nelle attuali classi seconde, considerando che il biennio della nostra scuola è di norma il più difficoltoso visto che ancora non sono previste nel curricolo le discipline professionalizzanti che gli studenti preferiscono. Pur non conscendo le intenzioni del Miur, la scuola sta programmando la gestione dei corsi di recupero estivi sempre in giugno per prime e seconde, in agosto per terze e quarte». Visuale a largo spettro anche per Silvio Improta che dirige da titolare l’Itet Capitini da reggente il liceo Scientifico Alessi: «Grazie alla Dad molto si è potuto fare, e di fatto abbiamo tenuto sempre il contatto con gli alunni ma la lunga stagione, nonostante gli sforzi, in alcuni casi ha fatto peggiorare il rendimento di alunni già in difficoltà al termine dell’anno scorso. Il rischio è aumentare il gap fra bravi e meno bravi. O, come spesso accade, fra quelli più seguiti dalle famiglie e quanti non hanno alle spalle una struttura solida. Comprendiamo le difficoltà delle famiglie in questo periodo. Ma senza il loro supporto la scuola da sola non può. Per fortuna si tratta di alcuni casi. La maggior parte degli alunni in entrambe le scuole sta seguendo il lavoro proposto con buoni risultati». Stefania Moretti, preside del Liceo Scientifico Galilei dice che «non si sono rilevate significative carenze negli apprendimenti, se pur siamo pienamente consapevoli dell’irrinunciabile valore di una relazione didattico-educativa in presenza».

La stabilità è stata assicurata con «una didattica a distanza ben organizzata e agli strumenti che la scuola ha messo a disposizione degli studenti». Riscontro complessivamente positivo anche al Mazzatinti di Gubbio come ricorda la preside Maria Marinangeli: «I docenti, che nel nostro Liceo avevano intrapreso già prima del lockdown dello scorso anno scolastico un percorso di formazione, hanno messo in campo strategie che hanno permesso di erogare una didattica attenta ai contenuti. E’ cambiata la modalità di interfacciarsi con gli studenti ma le conoscenze sono state garantite. Detto che in alcuni casi è mancata la esperienza di laboratorio “de visu”, la Marinangeli riferisce di «difficoltà in alcune discipline per quanto riguarda soprattutto le prove scritte. Le maggiori difficoltà in matematica e fisica, poi inglese e latino ma in termini concreti «pochi quattro e molti cinque, quindi insufficienze lievi che servono a spronare». I più penalizzati sono stati i ragazzi delle prime che per il poco tempo passato a scuola, non hanno potuto né conoscersi fra compagni, né rapportato empaticamente con i nuovi docenti».rsi con i docenti». Per Maria Paola Sebastiani, preside del Liceo Marconi di Foligno «il quadro che emerge per quanto attiene il rendimento dei ragazzi non è diverso da quello degli anni precedenti, sostanzialmente i risultati sono positivi e il numero delle insufficienze si attesta al di sotto del 10%». Ma la Sebastiani guarda molto anche agli aspetti emotivi e qui i riscontri non sono positivi: «Molti studenti stanno soffrendo e purtroppo devono essere anche seguiti dal punto di vista psicologico; molti ragazzi e ragazze hanno mostrato atteggiamenti di chiusura, difficoltà a interagire manifestando fenomeni di anoressia, autolesionismo che sono molto più diffusi rispetto un paio di anni fa. Noi abbiamo un team di psicologi che sta intervenendo. La sofferenza è generale, dunque tutta questa situazione non ha inciso tanto sul profitto ma sull’aspetto morale. E la sofferenza emerge grazie agli occhi attenti di chi la coglie e gli insegnanti sono molto attenti».

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