Covid e bambini, i rischi e le cure. Il pediatra: «Scienza, ma anche latte, lana, letto e coccole»

Covid e bambini, i rischi e le cure. Il pediatra: «Scienza, ma anche latte, lana, letto e coccole»
di Egle Priolo
5 Minuti di Lettura
Lunedì 3 Gennaio 2022, 08:32

PERUGIA - Scienza e vecchi adagi: i rimedi al Covid quando in casa c'è anche un bambino. Piccoli guerrieri spesso senza armi, che il virus lo affrontano con la forza del loro corpicino. Tra i più colpiti dell'ultima ondata, parecchi ancora senza vaccino, gli unici senza reali protezioni fino a una certa età, ma sono anche un piccolo esercito che il mostro invisibile lo combatte col sorriso aperto dopo uno starnuto. Eppure è chiaro che siano loro il primo problema di mamma e papà, la paura che il virus in corpo diventi altro, magari tra qualche anno, e il terrore che si trasforma un terremoto di trilli nelle famigerate chat dei genitori. «Avete letto delle possibili complicazioni?». «Ha tosse forte, anche il tuo si affoga?». «Ha 37 e 2, lo porto subito al pronto soccorso».
Un'enciclopedia di ansie che invece andrebbero gestite con serenità. Affidandosi alla scienza e a chi ha studiato. «Fiducia, è l'unica via». Lo ripete da tempo Gianluca Tuteri, notissimo pediatria e vicesindaco di Perugia, che solo un paio di settimane fa ha partecipato a un incontro in remoto promosso dal Post del presidente Francesco Gatti, e insieme al prof. Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità, ha spiegato «in maniera esauriente perché fare la vaccinazione anti Covid ai bimbi tra i 5 e gli 11 anni». E Tuteri risponde al Messaggero in mezzo alle trecento telefonate al giorno, media di questo periodo, tra Omicron alla porta e influenze di stagione.
Dottor Tuteri, com'è la situazione?
«Come in tutte le stagioni invernali circolano anche tanti altri virus, ma con Omicron in giro i sintomi fino a prova contraria sono del Covid. Una volta esclusa la positività si pensa ad altro. Ma al momento il virus è prevalente».
Partiamo subito dalla situazione peggiore, incubo dei genitori che hanno invece bisogno di essere tranquillizzati. In caso di bimbo positivo al coronavirus, sono possibili complicazioni?
«Il problema è il numero dei casi, le complicazioni – pur rare – sono presenti e chiaramente aumentano in virtù del numero dei contagi. La cosiddetta Sindrome di Kawasaki è una complicazione, una malattia multi infiammatoria che si accende in conseguenze di una infezione virale. Qualsiasi infezione può produrla: se la produce il Covid ha comunque nella maggior parte dei casi un buon esito, può essere affrontata con terapia ed eventuale ricovero».
Ha piccoli pazienti ricoverati al momento?
«Per fortuna no. Anche nei bambini c'è la possibilità del prolungarsi dei sintomi tipici della malattia, ma si tratta di numeri modesti. Anche per questo esorto i genitori a vaccinare i loro figli. Affidatevi alla scienza: perché è altrettanto vero che in questi casi bisogna guardare anche i numeri assoluti. Trentacinque decessi in età pediatrica in Italia rispetto a centinaia di migliaia di adulti sono esigui, ma sono comunque trentacinque bambini vittime della pandemia, numeri importanti rispetto a qualsiasi altra malattia infettiva».
Insomma, vaccino e attenzione. Ma qual è la gestione in casa di un piccolo paziente con il Covid?
«Come per tutte le infezioni virali respiratorie, la gestione prevalente, nella quasi totalità dei casi, va affrontata con il vecchio adagio delle tre L, che cito spesso. L come “letto”, inteso come riposo, che aiuta il sistema immunitario a reagire, “lana”, come calore, e “latte”: è importante proseguire con l'alimentazione consueta, ma aumentando i liquidi, indispensabili. Alle tre L, io poi amo aggiungere la C. C di “coccole”: fanno bene al bambino, aumentano le endorfine, lo fanno sentire meglio e accelerano il processo di guarigione. Nel caso di sintomatici, sentito il pediatra, ok a paracetamolo, quando possibile, anche contro i dolori dovuti all'infezione».
A quali sintomi è necessario stare attenti?
«La difficoltà respiratoria, con respiri brevi o troppo frequenti. Ma anche altri sintomi che possono apparire fuori dalla norma, come l'eccessiva sonnolenza o il mancato svolgimento delle solite attività quotidiane: tutte situazioni che vanno segnalate al pediatra. Il medico sa come affrontarle, fa parte delle nostre competenze, noi che conosciamo la famiglia, il bambino e abbiamo imparato a gestire anche solo telefonicamente queste situazioni. Il pediatra sa cosa filtrare, capisce se è giusto visitare o meno. Evitando accessi impropri in ospedale».
Con attenzione ma senza ansie, quindi. Parlando con il proprio medico e non fidandosi di “quello che ho letto su internet”...
«Bisogna seguire quanto riportato negli studi scientifici. Io per primo mi sento di dare messaggi solo legati a evidenze scientifiche inconfutabili. Il resto è fantascienza. Per adesso ci sono tre studi, per esempio, che dicono che Omicron sia meno patogena, la malattia meno grave e intensa, ma ricordiamo che al momento non ci sono state revisioni, i risultati devono essere ancora validati. Di certo, appare più diffusiva, al pari del morbillo. I casi sono molto numerosi, aumentano con velocità elevatissima, quando mai in Umbria abbiamo avuto un numeratore così alto?».
Negli ultimi giorni sono stati oltre tremila ogni 24 ore...
«E sono solo quelli che conosciamo perché tamponati... Ecco, quando si critica il sistema sanitario regionale non si è onesti. Se anche fosse stato diverso, avremo avuto gli stessi risultati: non è possibile star dietro a una variante del genere, così contagiosa anche se la maggior parte delle persone sta meglio che con la Delta. E non serve aumentare i tracciatori: il vero problema sarà quando, a forza di contagi, verranno a mancare i medici. Lì sarà davvero difficile».
La soluzione?
«Il vaccino. Il sistema sanitario ora ha la priorità di implementare la terza dose, che ci dà una protezione non possibile con la seconda. Se dopo 10 settimane è provato si perda il 25 per cento della copertura, si dovrà pensare a un successivo booster. E a rendere il vaccino obbligatorio per la sicurezza di tutti i cittadini. Chi non lo fa è spaventato, ha paura. Ma citando il titolo di un libro che apprezzo, Non fidarsi è bene, ma non fidarsi è peggio».
In conclusione, fiducia nella scienza e niente guru laureati all'Università della vita?
«La scienza non è democratica affatto, è una verità.

Quando si parla di dati scientifici, i risultati sono inconfutabili. La protezione migliore che ci possiamo dare è il vaccino».

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