Il professor Fatati: «In Umbria i pazienti diabetici quelli che pagano il prezzo più alto»

Il professor Fatati: «In Umbria i pazienti diabetici quelli che pagano il prezzo più alto»
di Aurora Provantini
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Giovedì 16 Aprile 2020, 14:34 - Ultimo aggiornamento: 18:09

Giuseppe Fatati, direttore della Struttura Complessa di Diabetologia, Dietologia e Nutrizione Clinica del Santa Maria di Terni fino al 7 febbraio 2020, presidente dell’Italian Obesity Network, interviene sulla necessità di potenziare il sistema sanitario regionale.  «Premesso che ci siamo trovati di fronte ad una emergenza straordinaria - afferma Fatati -  non possiamo dimenticare che secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, tra il 1997 e il 2015 sono stati dimezzati i posti letto in terapia intensiva e gli ospedali sono stati profondamente modificati. Quando Aristide Paci era presidente dell’ordine dei medici della provincia di Terni e segretario nazionale Anaao, nel 1987 scrivendo a Donat Cattin, diceva che l’egemonia del profilo contabile aveva ridotto la salute da valore costituzionale a mero capitolo di bilancio. Queste parole sono state tristemente profetiche e con l’aziendalizzazione i vincoli di bilancio si sono fatti sempre più stringenti. Il numero di posti letto per mille abitanti negli ospedali è sceso di gran lunga sotto la media europea e il Servizio Sanitario Nazionale ha perso 43mila dipendenti».

Se dovesse sottolineare due motivi alla base di tanti morti?
«Il primo è la mancanza di una strategia seria di protezione degli operatori sanitari negli ospedali e nelle Rsa, il secondo è la vecchiaia della popolazione. Nel 2017 più della metà dei medici italiani in attività aveva un’età pari o superiore a 55 anni, ed era la percentuale più elevata dell’Unione Europea. Infine i sistemi di protezione disponibili sono stati assolutamente deficitari tanto che oggi molti hanno definito chi lavora in sanità eroe o angelo. E’ una retorica inaccettabile e ipocrita, dal mio punto di vista, utilizzata anche da chi abitualmente ha svilito la professione medica e utile solo per mascherare le responsabilità del sistema».

Cosa ne pensa della pandemia da Covid-19 in Umbria?
«Possiamo dire che l’Umbria e Terni in particolare, è il territorio dove l’epidemia è stata meglio contenuta sia dal punto di vista dei contagiati che dei soggetti che non sono riusciti a superare l’infezione. Mi farebbe piacere affermare che il merito è tutto della nostra sanità ma in realtà la chiave di lettura di questo fenomeno è molto più complessa e difficilmente definibile in questo momento. Diciamo che siamo stati bravi e fortunati. Le risorse ambientali ci hanno di certo aiutato».

Come sono cambiati gli ospedali?
«Le autorità regionali hanno istituito gli ospedali e i reparti Covid dedicati a pazienti con infezioni da coronavirus e rinviato tutta l’attività ordinaria a quando questa epidemia sarà sotto controllo. In pratica il diritto alla tutela sanitaria di molti è stato momentaneamente sospeso. Questa scelta, necessaria e condivisibile, penalizza le persone con patologie croniche e non può essere prolungata troppo. Un esempio su tutti: i pazienti diabetici se non adeguatamente seguiti hanno un rischio di complicanze altissimo. La proroga dei piani terapeutici per i farmaci senza esami ematochimici (Hba1c) li espone al rischio di una terapia non adeguata e di un cattivo controllo metabolico. Infine dovremo affrontare il problema delle liste d’attesa al momento della ripresa dell’attività».

Lei, che ha diretto per tanti anni un Servizio di Diabetologia, è preoccupato per i suoi pazienti?
«Si, senza dubbio. Fino ad ora mi sembra che siano state sottovalutate alcune evidenze.  La prima che in Cina vi sarebbe stato un aumento di mortalità tra le persone affette da diabete. Tale evidenza è stata confermata da un report dell’Istituto Superiore di Sanità del 20 Marzo che avverte che il 33,9% dei 481 soggetti deceduti per i quali erano disponibili dati sulle patologie croniche preesistenti all'infezione era affetto da diabete mellito, mentre il 48,6% presentava tre o più patologie croniche. Le persone con diabete sono a rischio di sviluppare complicanze in seguito a infezione da Sars-CoV-2 poiché le malattie cardiovascolari coesistenti, le malattie renali, l'età avanzata e le fragilità svolgono un ruolo rilevante nel determinare la gravità della malattia.  La seconda evidenza  è costituta dalle caratteristiche cliniche dei pazienti critici Covid-19, che presentano  una diffusa malnutrizione. La cura della nutrizione è vitale, in particolare nei pazienti con infezioni e insufficienza d’organo. I pazienti ricoverati malnutriti hanno costi ospedalieri più elevati, degenze prolungate e aumento della mortalità. La sfida senza precedenti subita dai servizi di terapia Intensiva, richiede inevitabilmente anche una pianificazione e ristrutturazione dei servizi dietetici, di supporto agli intensivisti. La nutrizione artificiale deve essere considerata trattamento salva-vita e uno strumento non solo di buona pratica clinica ma un supporto valido in termini di costi-benefici anche e soprattutto in una situazione di grave emergenza sanitaria».

All’ ospedale Santa Maria cosa è stato fatto e cosa si dovrà fare?
«Al momento è stata gestita l’emergenza ed il personale della Struttura di Diabetologia, Dietologia e Nutrizione Clinica è stato utilizzato a supporto dei reparti Covid. In pratica l’attività ordinaria è stata totalmente differita. Penso sia importante iniziare una fase di normalizzazione degli ospedali nel rispetto delle specificità delle strutture. L’esperienza della pandemia dovrebbe far capire che alcune iniziative intraprese anni fa come la telemedicina e la medicina d’iniziativa, ovvero un rapporto più stretto e paritetico con i medici di medicina generale e le palestre della salute, vanno implementate al contrario di quanto fatto fino ad oggi per mancanza di risorse.  La sanità digitale è il futuro prossimo e una opportunità da sfruttare. Il rischio è che nell’ottica dell’emergenza le risorse vengano eccessivamente centralizzate e le strutture specialistiche locali non adeguatamente supportate.

Si deve ripartire a livello regionale dalle due aziende ospedaliere senza contrazioni giustificate da una ipotetica razionalizzazione. Nel caso specifico della Struttura di Diabetologia, Dietologia e Nutrizione Clinica della nostra Azienda è necessario pensare ad un potenziamento e non ad una destrutturazione, visto che anche in questa emergenza il prezzo più salato, in termini di morti, sembra che lo paghino i malati cronici e in particolare i diabetici e i malnutriti. Ovvero quelli seguiti dalla Struttura di Diabetologia, Dietologia e Nutrizione Clinica». 

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