Dopo virus, come risolvere la povertà
alimentare di 34mila famiglie: non solo soldi

difficoltà economiche
di Fabio Nucci
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Venerdì 19 Giugno 2020, 04:16 - Ultimo aggiornamento: 08:30


Dopo tre anni di crescita costante, con un’incidenza passata dall’11,8 al 14,3 per cento, la diffusione della povertà relativa lo scorso anno ha subito una brusca frenata nella regione. L’indice elaborato dall’Istat è infatti sceso all’8,9%. Questo significa che in Umbria ci sono circa 34mila famiglie considerate “povere” potendosi permettere una spesa per consumi inferiore o uguale al dato medio pro-capite. «Nonostante questa caduta, non si può certo dire che la povertà in Umbria sia eliminata», osserva Pierluigi Grasselli, economista e direttore dell’Osservatorio diocesano perugino sulle povertà e l’inclusione sociale. Su tale dato, ad esempio, incombono le conseguenze legate alla crisi innescata dalle misure restrittive anti-covid e una situazione generale, anche legata alla casa, che per molti nuclei resta precaria.
La situazione umbra è tuttavia la peggiore tra le regioni del Centro Italia (incidenza povertà relativa media pari al 7,3%) ma l’indice risulta inferiore rispetto alla media nazionale (11,4%). «La visione positiva offerta dall’Istat – spiega Grasselli – può essere legata anche per l’Umbria all’erogazione del reddito di cittadinanza. Ma nel 2020, considerando la situazione legata al Covid-19, l’impoverimento è destinato ad aumentare. La povertà è un fenomeno multidimensionale che non si può eliminare con una somma di denaro: il suo contrasto richiede un ventaglio di servizi coordinati garantiti chiamando a raccolta vari soggetti, pubblici e privati. Occorrerebbe una maggior apertura del governo locale per aprire un confronto con il Terzo settore, le associazioni dei territori (e la Caritas è una di queste) e i cittadini in senso lato. Un’impostazione comunitaria che guarda a un nuovo welfare: per prendersi cura delle persone che hanno bisogno, non basta dare soldi, ci vuole un impegno grande e va coinvolta la comunità. È questo l’approccio che va affermandosi». Un sistema sociale che è stato messo a dura prova dai mesi di lockdown, con gli indicatori di povertà assoluta e relativa destinati a peggiorare. Indicazioni, sulle dinamiche in corso in questa prima parte del 2020, arriveranno dal nuovo Rapporto Caritas sulle povertà che sarà presentato nei prossimi giorni a Perugia. «Ci sono tante categorie di lavoratori precari, non stabilizzati, che negli ultimi mesi non hanno visto rinnovato il contratto – osserva Grasselli – o che per adesso vanno avanti con un po’ di cassa integrazione ma che poi rischiano di essere licenziati. C’è tanta gente che soffrirà».
CASA DOLCE CASA
Un fenomeno che va letto di pari passo con altri indicatori, che pure Istat fornisce, a cominciare da quelli relativi all’abitazione di residenza che per il 4,9% della popolazione è danneggiata mentre 30mila famiglie circa (l’8,4%) dichiarano di vivere in case umide. Ma nella regione, ci sono quasi 5.800 famiglie che non dispongono di un impianto di riscaldamento, mentre il 10,2% considerano l’abitazione inadeguata (nel 2018 l’indice di affollamento era pari al 2,4%). Per due terzi, invece, le spese per la casa risultano eccessive e di difficile copertura e c’è un 6,4% di case che non è servita da una regolare fornitura idrica mentre il 30% delle famiglie considera l’acqua del rubinetto “imbevibile”. Un disagio che non riguarda unicamente gli inquilini, visto che nell’86% dei casi le abitazioni sono di proprietà, il terzo dato più alto d’Italia dopo Abruzzo e Molise


 

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