«Cinque ore e mezza in ambulanza per ricoverare un paziente Covid». Le storie di chi negli ospedali e nei distretti sfida ogni giorno il virus . E si ammala

La video assemblea degli operatori della sanità dell'Umbria
di Luca Benedetti
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Domenica 1 Novembre 2020, 19:02 - Ultimo aggiornamento: 3 Novembre, 15:04

PERUGIA - Le storie, le paure, la rabbia, il coraggio e la determinazione di chi il Covid-19 lo combatte tutti i giorni. Lo combatte e viene ferito, perché diventa positivo. Ma non molla.
Sono gli uomini e le donne della sanità regionale che ieri hanno tenuto un’assemblea e raccontano quello che funziona e quello che non funziona. Un’assemblea in video conferenza in cui i vertici di Cgil, Cisl e Uil hanno annunciato non solo che la mobilitazione va a avanti, ma che diventa più Dura. Con i presidi in ogni città dalla prossima settimana e una richiesta di controllo prefetto di Perugia che va al di là delle tecniche di raffreddamento sullo stato di agitazione. Vogliono un confronto serio con l’assessore alla Salute Luca Coletto, anche davanti al prefetto. «Non si stanno saturando sole le terapie intensive, ma tutti i posti letto», è l’allarme che accende i brividi. Chi può lascia l’Umbria (tanti infermieri e vanno a lavorare a tempo indeterminato nelle regioni vicine. «Così perdiamo personale e professionalità». Fanno i conti dei buchi storici del personale (almeno dal 2017) che si sommato all’emergenza Covid-19. Facciamo 1200-1500 sottorganici tra infermiere e Oss? Si può fare. Ecco le storie raccontate dentro alla telecamera di un computer.
Daniela Battaglia (118 Passignano): «Sono stata per cinque ore e mezza in ambulanza con un sospetto malato Covid-19 prima che entrasse in Pronto soccorso a Perugia. Questo significa che le ambulanze che restano devono coprire un territorio più ampio per garantire la copertura dell’emergenza. A noi è successo di fare un soccorso in centro a Perugia. Ci forniscono degli impermeabili come dispositivi di protezione individuali. Ma non sono utilizzabili. Andiamo avanti anche con le donazioni. Qualche volta abbiamo pagato di tasca nostra».
Laura Lepri (infermiera territoriale, referente Covid-19): «C’è una grande difficoltà di coordinamento tra Dipartimento di prevenzione, medici di base. Ci sono stati casi di pazienti Covid caricati due o tre volte nel sistema di controllo e gestione dei positivi. Il sistema della Continuità assistenziale non è collegato e quindi i medici non sanno se devono andare a fare una vista di un paziente positivo oppure no».
Yazmin Marchetti (infermiera): «Sono positiva da 12 giorni. Ci sono ritardi sul tracciamento, anche enormi. Nel mio servizio sono rimasti due infermieri e tre medici. E uno è anche positivo. E dobbiamo fare i vaccini antifluenzali».
Claudio Capanni(Coordinatore Rsu Azienda ospedaliera di Perugia): «Serve un controllo esterno sul riassetto delle norme Covid-19. Serve un intervento forte. Non dico altro. Eppoi serve più smart working per il personale all’amministrativo. All’Elisse non passa giorno che non ci siano casi di dipendenti positivi».
Luigino Lezi (infermiere ospedale di Foligno): «Qui i posti letto Covid crescono. Da sei stanze a venti, cioè 40 pazienti. Il personale non basta. I numeri degli infermieri sono gli stessi di un reparto normale: tre nei turni del giorno e due o tre nelle notte. Sono comunque pochi Non è stato mai stilato un piano per l’emergenza. Ogni giorno non si sa, quando vai a lavoro, in che reparto devi andare».
Matteo Falcioni (infermiere del 118 ospedale di Terni): «Da noi non sono state mai potenziate le ambulanze Covid. A Perugia ne sono arrivate due dedicate. L’uscita per il Covid scopre il territorio e costringe coperture più lunghe per gli interventi».
Simone Cappannelli (coordinatore infermieristico Utic ospedale di Branca): «Branca dovrebbe essere un’ospedale Covid-free, ma di notte arrivano le ambulanze con i pazienti Covid positivi in area grigia. Gli infermieri vengono chiamati in area grigia dai vari reparti. Una volta finito il loro impegno in quella zona a rischio tornano chi in Pediatria, chi in Terapia Intensiva, chi in Cardiologia. È difficile reperire i camici».
Roberto Lipparelli (infermiere ospedale di Spoleto): «La situazione è surreale, ma state tranquilli che affronteremo il Covid- 19 a testa alta.

L’ospedale di Spoleto sembra una fiera. Muri bucati e lavori in quattro giorni. Non sappiamo che turno faremo domani. Non ci fa paura il nemico, ma la disorganizzazione. Quella sì».

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