Coronavirus, dove negozi e parrucchieri
riaprono prima e perchè: il caso Umbria

termoscanner di sicurezza
di Luca Benedetti
3 Minuti di Lettura
Venerdì 1 Maggio 2020, 11:42
PERUGIA Alla fine della giornata l’Umbria è in testa. Almeno sul fronte del bon-ton istituzionale e sul fatto che è, di fatto, la Regione che meglio si è presentata al confronto con il governo per la Fase 2, anche se i paletti sono alti. 
IL CONFRONTO
Il premier Conte ha detto chiaro alla Camera che prima del 18 maggio, nessuna partenza in anticipo. La presidente Tesei, si racconta, nel confronto Stato-Regioni, ha fatto capire che se non il 4 maggio come sta nel piano presentato ieri, almeno l’11 i numeri dell’Umbria garantivano su contagi, ricoveri e terapie intensive sgombre. L’impressione è che nell’allentamento del lockdown per il 18 maggio l’Umbria possa partite meglio di altre Regioni.
SI CAMBIA
L’allentamento del 18 maggio significa che tutto slitta, di fatto, di una settimana rispetto al piano. E così il 18 potrebbero ripartire il commercio al dettaglio oltre a barbieri e parrucchieri che erano stati indicati per sette giorni prima, il 25 bar e ristoranti e il primo giugno i centri estetici. Sabato sul tavolo del governo dovrebbero arrivare tutti i piani delle Regioni per un’analisi che sarà decisiva.
La presidente Donatella Tesei spiega, dopo le indiscrezioni di ieri, i motivi che spingono la giunta, su indicazione del Comitato tecnico scientifico, ad anticipare la ripartenza dell’Umbria: «Abbiamo inviato ai Ministri Boccia e Speranza, dopo averla illustrata durante l’incontro tra i Presidenti di Regione, la nostra proposta di programma di riaperture delle varie attività commerciali e produttive in Umbria tenendo conto dell’attuale situazione dei contagi nel nostro territorio congiuntamente alle esigenze del tessuto economico». 
L’EQUILIBRIO
Il documento, che ha visto il parere favorevole del Comitato Tecnico Scientifico dell’Università degli Studi di Perugia, contiene, spiegano da palazzo Donini, oltre che il cronoprogramma, anche le misure di sicurezza sanitarie che riguardano sia i lavoratori che gli avventori delle varie attività. «Abbiamo optato- ha detto la presidente- per la strada istituzionale del dialogo con il Governo, nella speranza che tale scelta venga apprezzata e che la nostra proposta possa essere accolta, pronti, ovviamente, a monitorare le conseguenze sanitarie che ne possono derivare ed eventualmente a procedere con modifiche e sospensioni del piano stesso».
LE RICHIESTE
Ma c’è altro. La governatrice ha sollecitato il Governo a prendere decisioni celeri su numerosi temi: attività sportive ed economiche connesse, formazione, fornitura mascherine per i cittadini, centri estivi, mobilità privata e tutti i temi di sostegno economico alle attività di imprese e famiglie, con particolare riferimento al sostegno nell’affido dei minori per i genitori impegnati in attività lavorative.
I CONTI 
Il piano, per cui il Comitato tecnico scientifico dell’Università «condivide il parere di una percezione del rischio statisticamente accettabile dal punto sanitario in questa specifica fase nella Regione Umbria», fa un’analisi anche economica della situazione dell’Umbria nel vortice della crisi da Covid-19. E individua due scenari. In quello soft, in Umbria la perdita di fatturato delle società di capitali si attesterebbe a quota 1,8 miliardi di euro, in termini percentuali il 5,8% in meno rispetto al 2019. Nel 2021 si prevede una perdita di 300 milioni di euro che sommata al 2020 porterebbe a una perdita di 2,1 miliardi nel biennio 2020-2021, lo scenario definito hard prevede per l’Umbria una perdita di fatturato per le imprese pari a 3,8 miliardi di euro nel 2020 e 1,7 miliardi nel 2021. Ecco perché per la presidente Tesei è importante anche guadagnare una settimana. E quando il ministro Boccia ha detto di apprezzare il modo di confrontarsi dell’Umbria, a palazzo Donini hanno iniziato a guardare con più fiducia il calendario. Anche se c’è da aspettare il 18 maggio per ripartire, ma con settori più pesanti di altri. 
© RIPRODUZIONE RISERVATA