Matteo, il medico ternano in prima linea: «A Bergamo per aiutare i colleghi»

Matteo, il medico ternano in prima linea: «A Bergamo per aiutare i colleghi»
di Aurora Provantini e Vanna Ugolini
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Giovedì 9 Aprile 2020, 13:44 - Ultimo aggiornamento: 15:55

«Tranquilli ragazzi non mi arruolo per la Legione Straniera, non vado a combattere in guerra, parto per Bergamo perché voglio dare il mio sostegno ai colleghi impegnati nelle zone più colpite dal Coronavirus». Matteo (il nome è di fantasia per tutelare la privacy), giovane medico ternano, lo scrive in chat ai suoi ex compagni di liceo, dopo aver comunicato loro che parte da Fiumicino con un aereo militare, per andare ad affiancare il personale sanitario dell'ospedale Papa Giovanni XXIII. «Sì, vado in una delle zone rosse, dove i reparti sono al limite e i medici sono allo stremo, ed è proprio perché la situazione è grave, che ho deciso di partire». «La mia domanda di adesione al programma MediciperCovid è stata accolta». Ne erano arrivate 7 mila alla Croce Rossa Italiana e alla Protezione Civile, dopo che il premier Conte aveva evidenziato la necessità di reperire 300 medici disposti ad andare in soccorso dei comuni con più contagi. Hanno risposto in tanti a quella chiamata e la selezione è stata fatta da una task force in base ai curricula presentati, alle esperienze e ai riscontri su quanto dichiarato. «Ho ricevuto una telefonata pochi giorni fa dalla Croce Rossa Italiana. Un'intervista di venti minuti durante la quale ho confermato quanto avevo già documentato. Poi ho dovuto indicare una data per la partenza». Matteo è stato richiamato proprio ieri. Ancora non gli è chiaro dove verrà alloggiato e quante ore di servizio dovrà prestare, né tantomeno in quale reparto. «Mi hanno chiesto che taglia di abiti avessi e quale numero di scarpe», dice. La moglie e i figli (due) sono fieri di lui. Lo hanno sostenuto nella scelta. Come pure i suoi vecchi compagni di liceo.

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Uno di loro, quello con cui condivide la passione per i viaggi, ricorda che Matteo è stato anche in Kenya e in Perù, a dare il suo contributo professionale. «Negli ospedali di Veneto e Lombardia - dice Matteo lavorano colleghi che ho conosciuto nel corso della mia carriera. Che da settimane lavorano senza sosta in una situazione di totale eccezionalità. Li ho contattati per sapere come andava. Ecco vorrei chiarire che il mio vuole essere un contributo al loro grandissimo impegno, per aiutarli a fronteggiare insieme un'emergenza sanitaria mai vista prima. E' ovvio che in una situazione opposta mi sono detto che sarebbe stato bello che altri colleghi fossero venuti in mio aiuto. Un concetto cristiano. Non vado a fare l'eroe. Non lo sono. Sono solo un medico che si mette a disposizione. I miei pazienti non devono pensare che preferisco salvare la vita dei bergamaschi piuttosto che la loro. E prometto a mia moglie e ai miei amici di condividere questa importante esperienza con loro via whatsapp, in videochiamata, come si fa ormai ai tempi del Coronavirus».

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