Il cardinale Bassetti: «Chi ha responsabilità politiche guardi veramente al bene comune. Questo Natale sarà più intimo, più contemplativo, ma non per questo meno bello»

Il cardinale Gualtiero Bassetti arcivescovo di Perugia e presidente della Cei
di Luca Benedetti
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Giovedì 24 Dicembre 2020, 10:30

PERUGIA - A due mesi esatti dall’ultima messa celebrata, il cardinale Gualtiero Bassetti torna sull’altare. Lo farà domani per la messa di Natale, dall’altare maggiore della cattedrale di San Lorenzo. Non sarà una celebrazione come tutte le altre, dopo la positività al Covid-19, i giorni passati in terapia intensiva. L’ultima messa che Bassetti aveva celebrato è stata quella del 25 ottobre per la riapertura al culto della chiesa del Gesù. La notizia che Bassetti torna tra la sua gente l’ha data ieri pomeriggio il vescovo ausiliare, monsignor Marco Salvi.
Il cardinale Bassetti ripensa a quello che ha vissuto, ma guarda anche avanti. Ai problemi dei giovani e del mondo del lavoro. E, il presidente della Cei, manda il suo messaggio per il Natale degli umbri.
Cardinale Bassetti, innanzitutto come sta?
«Direi bene, grazie a Dio. Sono in una fase di lenta ripresa. Con tanta voglia di tornare in mezzo al popolo e di restituire tutto l’affetto che ho ricevuto in questo periodo. Quando sono uscito dall’ospedale è stato un po’ come rinascere».
 
Lei ha detto che, durante il ricovero c’è stato un momento sentiva di essere arrivato al limite? Quando ha avuto quella sensazione?
«Ci sono stati alcuni giorni in cui sembrava che il mio corpo si stesse spegnendo. Le forze mi stavano abbandonando. Uno di questi giorni sono riuscito a scrivere un mio breve pensiero su un foglietto di carta che mi ha portato il cappellano dell’ospedale. Ricordo ancora la difficoltà nello scrivere quelle poche righe e la sensazione di finitezza che provavo. In quei momenti c’è solo l’abbandono nelle braccia del Signore».
 
Abbiamo definito eroi medici e infermieri. Qual è stato il suo rapporto con il personale dell’ospedale di Perugia?
«È stato un rapporto ottimo, dall’inizio alla fine della mia degenza. Ho potuto ammirare la dedizione e l’abnegazione che li guidava nel loro lavoro e anche la cura amorevole che hanno avuto per me e per gli altri malati. A volte, in quelle giornate lunghissime tutte uguali, li vedevo camminare davanti a me, incrociavo i loro sguardi e capivo la serietà con cui svolgevano la loro attività e anche lo spirito di sacrificio. D’altronde il rischio di contrarre il virus per i medici è drammaticamente alto».
  Cosa si sente di dire a chi lotta contro il Coronavirus?
«Agli scienziati che nei laboratori stanno studiando il virus o stanno cercando di trovare un farmaco, li esorto a continuare nella loro ricerca con tutte le forze. Perché questa ricerca è soprattutto per i più deboli e i più fragili. Ai medici, agli infermieri e a tutti gli operatori sanitari che stanno negli ospedali gli ricordo che il loro lavoro risponde a una grande vocazione: prendersi cura dei malati. Farlo durante una pandemia non è soltanto una vocazione laica ma è un’autentica missione cristiana. A tutti coloro che, infine, hanno responsabilità politiche li esorto a guardare veramente al bene comune e di abbandonare ogni divisione, inimicizia e interesse personale».
 Se l’aspettava tutto questo affetto da parte dei perugini?
«È stato un abbraccio sorprendente e commovente. Sono stati vicini al loro pastore. E io non me lo dimenticherò mai».
 
Lei è molto attento ai giovani e al mondo del lavoro. Con questa crisi legata al Covid-19 quali sono le necessità per giovani e lavoratori che ritiene più stringenti?
«La pandemia non ha fatto altro che aggravare una situazione lavorativa già di per se deficitaria e complessa. Servono idee nuove e tanto coraggio per ripartire. Gli aiuti pubblici ovviamente vanno bene. Ma non sono sufficienti, sono soltanto una cura emergenziale. Occorre favorire la nascita di nuove imprese guidate da giovani e mettere a sistema quello che già c’è».
 
Cardinale, che Natale sarà? Che messaggio vuol mandare per la festa di tutti in un periodo così difficile per le famiglie, la città e il Paese?
«Voglio mandare un messaggio di grande speranza. Il Natale è una festa stupenda: celebriamo la venuta nel mondo del figlio di Dio. Un evento che ha cambiato la storia e che si rinnova ogni anno. Questo Natale sarà sicuramente diverso dagli altri anni: più intimo, più contemplativo, ma non per questo meno bello. Esorto tutti i fedeli a non lasciarsi sfuggire questo momento di grazia e a viverlo in pienezza. La nascita di Gesù in quell’umile grotta di Betlemme, da più di 2000 anni, parla al cuore dell’uomo. E non ha mai smesso di parlare. Neanche in questo periodo così difficile a causa della pandemia».
Luca Benedetti

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