Contro il coronavirus, anche a Perugia
il farmaco che dà una boccata d'ossigeno

Contro il coronavirus, anche a Perugia il farmaco che dà una boccata d'ossigeno
di Egle Priolo
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Giovedì 19 Marzo 2020, 11:13
PERUGIA - Una boccata d'ossigeno contro il coronavirus. Per la ricerca di una cura efficace ma anche, letteralmente, per i pazienti che riacquistano le funzioni polmonari. Merito del Tocilizumab, il farmaco contro l'artrite reumatoide testato anche a Perugia sui pazienti contagiati dal Covid-19 e che sta dando risultati incoraggianti nella risposta alla malattia ancora senza un vaccino. C'è prudenza, in ospedale e all'Università, ma studiare i risultati ottenuti con questo anticorpo monoclonale dalle proprietà antinfiammatorie «può aiutare a indirizzare la ricerca della cura», come spiega Paolo Puccetti, direttore del dipartimento di Medicina sperimentale dell'ateneo perugino.
Professor Puccetti, alcuni pazienti del Santa Maria della Misericordia sono stati trattati con questo farmaco: è stato utile?
«Ci sono due possibilità di fronteggiare questa emergenza. Agire sul virus, ma questo è possibile solo col vaccino, o neutralizzare la capacità del virus di produrre malattia. Nel caso del Covid-19, la sintomatologia grave, infatti, non è legata alla patogenicità del virus ma alla risposta iperinfiammatoria dell'ospite. Questo farmaco biotecnologico, di nuova generazione, riesce a frenare tale risposta, con un'azione antinfiammatoria, aiutando quindi i polmoni a funzionare meglio. Sui pazienti trattati ha dimostrato un qualche beneficio, ma ovviamente c'è bisogno di una casistica più ampia».
Come state lavorando?
«Mezzo mondo scientifico è concentrato su questo problema, si stanno testando altri farmaci e l'impegno è rivolto ovviamente anche al contenimento dell'infezione e alla profilassi, a strategie di controllo dei malati evidenti. Anche se il numero degli asintomatici, chiaramente, è di gran lunga superiore: non ci sono dati epidemiologici e non si può fare uno screening a tappeto della popolazione. Il modo con cui il Sistema sanitario nazionale ha reagito, secondo me, è comunque il migliore, trasparente fin dall'inizio, e in Umbria si sta dimostrando davvero all'altezza, grazie alla competenza, capacità e disponibilità di tutto il personale».
A fronte di tanti che guariscono, ieri sono morti altri due pazienti: la differenza è sempre nelle condizioni compromesse, nelle patologie pregresse?
«Sì, dipende dalle condizioni di comorbidità, dalla presenza quindi di altri fattori di vulnerabilità. In ogni caso, in tutto il mondo non ci sono casi di decessi di pazienti di età inferiore ai 30 anni».
Tornando al farmaco, ha costi elevati o è facilmente reperibile?
«Ha costi molto elevati per la sanità, ma è decisamente più importante la prova di principio. Nel senso che il suo utilizzo ci può fornire le chiavi per anticipare il decorso della malattia, per indirizzare la ricerca. Oltre, naturalmente, a sfruttare l'attività terapeutica su chi lo prova».
Senza voler banalizzare o sminuire, quindi si va per tentativi?
«Certo, siamo in una fase empirica. Non ci sono linee guida universali, è una patologia completamente nuova. Stiamo provando quello che è ragionevole provare e che si pensa possa funzionare, ma non esistono protocolli standard, come per una qualsiasi malattia conosciuta. Solo la Cina ha dato sei versioni diverse di una possibile terapia...».
In pratica, si usa questo farmaco per capire - dai risultati del suo utilizzo - come procedere...
«Esatto. Il Tocilizumab riduce l'infiammazione che fa funzionare male i polmoni e aumenta la resistenza alla malattia, senza necessariamente doverne eliminare la causa».
Insomma, ce la faremo?
«Certo che ce la faremo. Siamo qui da sei milioni di anni e ce l'abbiamo sempre fatta. Ce la faremo anche questa volta».
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