Concorsopoli, battaglia in aula tra la ex presidente e i pm. Marini: «Associazione a delinquere? Alcuni neanche li conosco»

Concorsopoli, battaglia in aula tra la ex presidente e i pm. Marini: «Associazione a delinquere? Alcuni neanche li conosco»
di Egle Priolo
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Martedì 22 Dicembre 2020, 08:00

PERUGIA - Maurizio Valorosi? «Mai parlato con lui di gestione dell'azienda ospedaliera». Emilio Duca? «Il più solido tra i 90 che avevano mandato il curriculum e comunque già direttore generale del Santa Maria della misericordia al momento del mio insediamento in Regione». Luca Barberini? «Conosciuto di persona quando sono diventata presidente». E Bocci? «Bocci votava sempre quel che voleva». Così ieri Catiuscia Marini in tre ore di interrogatorio ha ricostruito i suoi rapporti con chi la procura crede abbia fatto parte di quell'associazione per delinquere che le viene contestata nell'ambito dell'inchiesta Concorsopoli sui presunti concorsi truccati in sanità. «Associazione per delinquere? Dentro ci sono persone che neanche conosco. Ma quale promotrice? Trasecolo. Io non ho mai lasciato neanche l'auto in sosta», ha ribadito l'ex presidente della Regione davanti al gip Angela Avila rispondendo alle domande dei sostituti procuratori Paolo Abbritti e Mario Formisano, che hanno indagato 39 persone, con accuse che - a vario titolo - vanno dall'abuso di ufficio alla rivelazione di segreti, dal falso ideologico e materiale a un caso di peculato. Un interrogatorio lungo, quello a una coriacea Catiuscia Marini, e in cui la procura le ha contestato puntualmente tutte le accuse, che lei ha però negato con forza. A partire dai rapporti con l'ex dg dell'ospedale di Perugia («Il presidente di Regione nomina solo gli assessori, il resto delle nomine sono frutto di scelte collegiali»), alle frizioni con l'ex assessore alla Sanità Barberini che arrivò a dimettersi proprio per il caso nomine, fino a quello che per la procura fu un aiuto per una candidata a un concorso. «Ho solo chiesto a Duca se avesse i requisiti per una selezione, non ci vedo niente di strano», ha detto Marini, assistita dall'avvocato Nicola Pepe, ribadendo come non avrebbe comunque potuto influire, per il suo ruolo, sui concorsi.

Una versione che i pm non hanno digerito e le hanno contestato duramente sia direttamente che durante le repliche, evidentemente per fissare con forza gli elementi di un quadro probatorio definito «granitico». Secondo la procura, infatti, «le cose sono andate diversamente», con tanto di buste con le tracce passate sia per la prima che la seconda prova di un concorso. Come confermato, hanno spiegato i pm, tra gli altri anche da Duca, oltre che dai messaggi captati dal trojan inoculato nel telefono dalla guardia di finanza che ha eseguito le indagini, arrivate poi fino agli arresti dell'aprile 2019. L'avvocato Pepe ha poi posto proprio la questione dell'uso del captatore informatico, sottolineando come «questo strumento non è aderente ai principi costituzionali che tutelano il diritti alla riservatezza»: aveva chiesto di non ammettere quelle intercettazioni, ma il gip ha detto ancora no. E mentre la procura parla di «prove gravissime» e ha già chiesto il rinvio a giudizio per tutti tranne Serena Zenzeri, dopo l'esame della Marini è stato il turno della difesa dello stesso Valorosi e di Massimo Lenti, con l'avvocato Francesco Crisi che per quasi quattro ore ha contestato tutte le accuse rivolte ai suoi assistiti, chiedendo per loro il non luogo a procedere per tutte le imputazioni. Crisi si è soffermato soprattutto sull'associazione per delinquere contestata all'ex direttore amministrativo e agli altri otto, parlando di «vincolo insussistente», mentre per l'abuso di ufficio si tratterebbe, per la difesa, di una duplicazione dell'esercizio dell'azione penale, visto il procedimento con giudizio immediato in corso. Prossimo appuntamento in aula in programma per il 12 gennaio, con la decisione del giudice Angela Avila sempre più vicina.

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