Concorsopoli: «Regolare l'arresto per Bocci. La raccomandazione non è solo malcostume»

Concorsopoli: «Regolare l'arresto per Bocci. La raccomandazione non è solo malcostume»
di Enzo Beretta
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Giovedì 3 Ottobre 2019, 13:53 - Ultimo aggiornamento: 13:55
PERUGIA - Una «presenza inequivoca 'dietro le quinte'» viene definita dalla Corte di Cassazione quella dell’ex segretario del Pd Gianpiero Bocci, indagato eccellente dell’inchiesta sui presunti concorsi truccati all’ospedale di Perugia, condannato a pagare le spese del procedimento in seguito al rigetto del ricorso avanzato ai giudici riguardante la questione delle esigenze cautelari del pericolo di reiterazione dei reati e di inquinamento probatorio.

Il ricorso, ritirato in corsa dall’ex direttore amministrativo del Santa Maria della Misericordia, Maurizio Valorosi, era stato promosso contro l’ordinanza del Riesame di Perugia che aveva confermato la custodia cautelare agli arresti domiciliari. Misura successivamente annullata dal giudice per le indagini preliminari Valerio D’Andria, il 2 luglio, non appena ricevuta la richiesta di giudizio immediato da parte dei magistrati inquirenti della Procura della Repubblica. In Cassazione l’ex sottosegretario agli Interni, difeso dall’avvocato David Brunelli, aveva «espressamente manifestato l’interesse al ricorso» per «coltivare l’impugnazione in riferimento a una futura utilizzazione dell’eventuale pronuncia favorevole ai fini del riconoscimento della riparazione per ingiusta detenzione». L’inizio del suo processo penale, il primo troncone, il cui esito appare tutto fuorché scontato, era previsto per il 22 ottobre ma per l’astensione delle Camere penali italiane che protestano contro la riforma della prescrizione verrà rinviato a dopo le elezioni.

Si legge nel provvedimento della Quinta sezione: «La lettura dell’ordinanza genetica conferma la presenza inequivoca di Bocci 'dietro le quinte' delle indicazioni anticipate ed illecite alle candidate raccomandate del contenuto delle prove concorsuali nonché il suo attivismo che, per la mole e la quantità dei riferimenti presenti nelle motivazioni di entrambi i provvedimenti cautelari di merito, benché emergente dalle intercettazioni tra Duca e Valorosi, si è correttamente ritenuto non possa essere certo frutto soltanto di fantasie o equivoci di costoro ma, anzi, denota un comportamento ben strutturato all’interno di un sistema che ha legato politici, amministratori pubblici e commissioni esaminatrici per le procedure concorsuali». Insiste la relatrice Matilde Brancaccio: «Un comportamento, peraltro, che non può essere ricondotto solo al malcostume, quello della 'raccomandazione', privo di rilievo penale, come invece vorrebbe far arguire la difesa».

Nelle 15 pagine di motivazioni viene detto che «nelle vicende ascritte a Bocci è evidente che il suo interessamento non rimane confinato entro i limiti della 'segnalazione bonaria' bensì è divenuto strumento di condizionamento dei concorsi tramite soggetti che, consapevoli dei meccanismi illeciti di assunzione pilotati da una quota di politici locali di spicco, si è fatta complice dei desiderata di costoro». In un passaggio la Suprema Corte accenna al ritrovamento delle microspie nell’ufficio dell’ex dg dell’ospedale («fa bonificare la stanza da una ditta specializzata scoprendo le microspie proprio su indicazione di Valorosi, a sua volta informato da Bocci») e sottolinea che «Bocci ha dimostrato capacità di interferire con l’attività di indagine sfruttando conoscenze acquisite in ambito istituzionale e negli ambienti di polizia giudiziaria». «E' stato ampiamente motivato attraverso il ricorso al contenuto inequivoco di molte conversazioni, anche ambientali, intercettate tra Duca e Valorosi - conclude - che il disvelamento sia stato dovuto proprio alle notizie avute da Bocci, svelate ai due indagati anche con il particolare, rivelatosi esatto, di quando e come le microspie erano state installate».
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