PERUGIA - Uno non se lo spiega, l'altro conferma le accuse ma spiega. Di certo, ieri, nell'aula del Capitini è andata in scena un'udienza fondamentale del processo noto come Concorsopoli sui presunti concorsi con l'aiutino in sanità. Sul banco degli imputati, a farsi ascoltare per la prima volta dalla corte presieduta da Marco Verola, sono saliti Andrea Casciari, attuale direttore generale dell'Azienda ospedaliera Santa Maria di Terni, ed Emilio Duca, ex dg del Santa Maria della misericordia di Perugia.
Casciari, difeso dall'avvocato Nicola Di Mario, per un'ora e mezza ha controbattuto alle accuse dei procuratori Paolo Abbritti e Mario Formisano, con le contestazioni che in questo caso non si basano su intercettazioni – cavallo di battaglia contro altre posizioni – ma piuttosto su quello che altri imputati hanno detto di lui e di un suo presunto interessamento su alcune prove. Il dg ha spiegato il suo ruolo nella predisposizione, per esempio, del bando per infermieri e poi nella pubblicazione delle graduatorie, ma ha negato a gran voce ogni suo coinvolgimento - e anche incontri fisicamente impossibili per eventuali passaggi di domande per i candidati, smentendo altre testimonianze - e anche che qualche «politico» si fosse rivolto a lui per oliare certe candidature. «Come spiega allora che si dice che la segnalazione venisse da lei?», ha chiesto Abbritti. «Non me lo spiego», la risposta chirurgica. Insistendo poi, anche in sede del puntuale controesame di Di Mario, sul fatto che possa capitare che di un dg si dicano «cose non vere», per «millantare» un buon rapporto con chi ricopre una posizione così prestigiosa. Insomma, chiacchiere e vanagloria, che adesso passano al vaglio della corte.
Così come la corte avrà modo di decidere la rilevanza penale dell'incontro avuto con Gianpiero Bocci, ex sottosegretario al ministero degli Interni difeso dallo studio Brunelli, tra via Palermo e via della Pallotta, in cui Duca dice di aver iniziato il discorso per parlare di una sua vicina di casa iscritta a una prova selettiva (e non su quella che per la procura sarebbe stata una sua protetta). «L'unico nome che facemmo, in realtà lo proposi io come tema, era sulla signora, perché nell'ambito della procedura selettiva dei coadiutori c'erano più segnalazioni». «E Bocci che le disse?», chiede Abbritti. «Che se partecipava solo a quella, se si poteva fare qualcosa. Così concludemmo». Ma Duca sul punto ha spiegato anche come, per le categorie protette, il dg avesse il potere di scegliere anche senza selezioni pubbliche, così come ha «escluso» di aver mai incontrato Bocci per passargli temi o tracce.
Duca ha poi ribadito come lui non abbia mai avuto «interessi personali» nei confronti dei candidati, che non conosceva personalmente, ma ha lasciato intendere di riferire i nominativi alle commissioni quando arrivavano segnalazioni «istituzionali». Magari con il «sistema» più volte ricordato in aula anche da altri imputati di elenchi con colori e sigle accanto, per ricordare di chi fossero le presunte protezioni.
Si torna in aula il 21 febbraio, perché l'udienza del 13 è saltata per la concomitanza dell'appello proprio di Duca contro la condanna a tre anni subita nel procedimento abbreviato concluso nel marzo 2021.
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