Concorsopoli, carabiniere indagato: «Io non ho tradito»

Concorsopoli, carabiniere indagato: «Io non ho tradito»
di Egle Priolo
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Domenica 9 Febbraio 2020, 19:01
PERUGIA - Non ho detto niente, perché non sapevo niente. Gli investigatori lo hanno messo sotto torchio, ma è questo il riassunto delle risposte che Domenico Oristanio, luogotenente dei carabinieri del Nas finito tra gli indagati dell'inchiesta sui concorsi truccati all'ospedale di Perugia, ha dato ai pm Mario Formisano e Paolo Abbritti. Interrogatorio che ha avuto luogo nei giorni scorsi, quando per la prima volta il carabiniere si è presentato davanti ai magistrati: da aprile, quando il suo nome è comparso nel registro degli indagati, infatti, non era ancora stato ascoltato.

Accompagnato dai suoi legali Marco Brusco e Giuseppe De Lio, che non hanno voluto rilasciare dichiarazioni sull'interrogatorio del loro assistito, Oristanio – da quanto apprende Il Messaggero – avrebbe ribadito la sua completa estraneità ai fatti contestati. Non avrebbe rivelato nulla delle indagini in corso a carico dell'ex direttore generale dell'Azienda ospedaliera Emilio Duca e del resto della sua «tela» perché di quelle indagini non sapeva nemmeno nulla. Non se ne occupava (l'inchiesta è del Nucleo di polizia economico finanziaria della guardia di finanza, guidati dal tenente colonnello Selvaggio Sarri e dal comandante provinciale Danilo Massimo Cardone) e non ha quindi tradito la sua promessa di fedeltà allo Stato.

Eppure, nella ricostruzione dei pubblici ministeri, proprio Oristanio è uno degli «amici» a cui si è rivolto Potito D'Errico (professore universitario e primario di Odontoiatria fino al 2013, uno dei primi 35 indagati dalla procura) per scoprire se Duca fosse intercettato o comunque sottoposto a indagini. Lo stesso D'Errico – su cui pende anche l'accusa di associazione per delinquere -, come si legge nell'ordinanza firmata dal gip Valerio D'Andria accenna a Duca «con molta cautela di aver parlato con il lgt. Oristanio, il quale gli aveva riferito di aver già comunicato al Duca quanto sapeva (D'Errico: Oristanio, e m'ha detto: ma io glielo avevo fatto capire). Il riferimento con ogni probabilità è ad un incontro precedente tra Duca e Oristanio, dal quale Duca aveva concluso che non vi erano indagini in corso. Di tale incontro, infatti, vi è un riferimento in una precedente conversazione del 10 luglio in cui appunto Duca confida a D'Errico di aver parlato con Oristanio aggiungendo poi le espressioni “due battute” e “nulla di specifico” che potrebbero far pensare a una rassicurazione che Duca avrebbe ricevuto dopo tale colloquio». Perché, sempre secondo la procura, «in dalle prime intercettazioni nell’ufficio di Duca si è percepita la sua ossessione di essere monitorato e di venir coinvolto in eventuali inchieste giudiziarie».

«Forte della sua rete di conoscenze, D’Errico – scrivono i pm - gode di notevole ascendente nei confronti di Duca ed ha un ruolo fondamentale e costante nell’organizzare la ricerca di informazioni, tanto da elaborare una strategia di avvicinamento – attraverso l’invito ad eventi conviviali – di alcuni ufficiali di polizia giudiziaria, sia appartenenti alla Guardia di Finanza che ai Carabinieri, per cercare di carpire notizie coperte dal segreto d’ufficio». Cene che non ci sarabbero state, lasciando Duca (che, difeso dall'avvocato Francesco Falcinelli, ha scelto di farsi giudicare con rito abbreviato) in uno stato che i pm definiscono di «angoscia». Tanto da arrivare ad urlare al telefono a chi gli chiedeva aiuto per una candidata a un concorso, quindicesima in graduatoria a fronte di soli 8 posti disponibili «Adesso non puoi parlà de un concorso eh… cioè si va in galera, forse non è chiaro!... Mentre ti stanno ascoltando… mentre tu stai a parlare con me mi stanno ascoltando e registrando... Perché io non voglio andà in galera per ‘ste persone!».
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