Terni, Renata Stefanini Salvati, la donna che ha aperto la strada alla parità di genere

Terni, Renata Stefanini Salvati, la donna che ha aperto la strada alla parità di genere
di Aurora Provantini
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Martedì 8 Marzo 2022, 16:18

TERNI - «Parlare di Renata Stefanini non è semplice. Renata è stata una donna forte, coraggiosa, colta e curiosa. Con una lunga esperienza di vita. Una testimone e una protagonista di anni cruciali della storia della nostra città. Di quella complicata stagione del dopoguerra. Della ricostruzione dopo i 108 bombardamenti».  Claudio Carnieri, politico e amico, che ha scritto la postfazione al suo libro di memorie “Sono stata una rivoluzionaria di professione”, ne parla a ridosso dell’8 marzo. A pochi giorni dalla sua scomparsa.
«Dopo il 13 giugno del 1944, dopo la Liberazione della città con il protagonismo della lotta partigiana della Brigata Gramsci, le donne hanno avuto un ruolo molto importante. E Renata fu parte di quella rinascita democratica della comunità ternana».
«C’è un tratto fondamentale nella formazione della cultura di Renata e dei suoi valori: l’antifascismo. E’ qui che si trova l’incrocio tra la sua vita e la storia della città».
Carnieri ne loda il civismo: «La sua profonda umanità. La sollecitudine per le persone. Per i lavoratori e per le più grandi masse di popolo. La ricchezza e l’ampiezza delle sue relazioni umane sorrette sempre da una fortissima percezione di sé. Di donna. Da una visione laica aperta. Da uno sguardo sul futuro. Una laicità che si espresse forte anche nella militanza comunista e nella sua visione della politica».
Furono mesi intensissimi. Dopo la Liberazione, tra luglio e dicembre 1944, si aprì a Terni una lotta operaia molto forte. Se ne interessò il Comando generale dell’Arma dei Carabinieri e il Governo. E già alla fine del ‘44 si riuscirono a raggiungere i primi risultati sulle prospettive del lavoro alle Acciaierie e nelle altre fabbriche della città. «Ecco le radici del suo antifascismo. E di quello spirito repubblicano che Renata con il fazzoletto dell’Anpi portava con sé in tutte le manifestazioni delle istituzioni ternane nelle due date sacre: il 25 aprile e il 13 giugno».
Ecco allora i segni della sua autobiografia: “Sono stata una rivoluzionaria di professione”. «Quel termine indicava l’impegno di quanti sceglievano la militanza organica tra i comunisti italiani. Giorgio Amendola l’aveva chiamata Una scelta di vita». Nel libro Renata Stefanini racconta dieci anni della sua vita e della sua città: dalla Liberazione al 1958. Ripercorre le tappe essenziali: la sua militanza politica e la formazione alla scuola di Partito di Milano dove incontra Giglia Tedesco Tatò, che scrive la prefazione al volume. Renata si formò così come una dirigente di prestigio dei comunisti ternani. E molte altre donne con lei, nel partito e nell’Udi.
«Rimanevo stupito ancora in questi ultimi anni di quanti volumi continuasse a leggere. Pochi ricordano il suo intenso rapporto con l’Associazione Italia Cina. Renata fu tra coloro che riportarono in Cina le ceneri del padre dell’Associazione, che più avanti diventò una Fondazione diretta da Cesare Romiti».
E dunque gli anni della sua gioventù: come Staffetta partigiana in Toscana prima di tutto e poi nella Terni liberata dal fascismo “coventrizzata”, come si diceva, dopo i bombardamenti dell’11 agosto 1943.
E dunque la prima giovinezza. La sua bellezza austera. «In questa giovinezza Renata incontra Francesco Salvati, che sposerà nel 1960, e che era stato protagonista di una importante attività di cospirazione antifascista nel 1939 nel gruppo di Claudio Bracci, l’intellettuale figlio del primario chirurgo dell’ospedale di Terni e della responsabile femminile del Fascio. Fu quella una delle prime esperienze di cospirazione antifascista che segnò l’iniziativa dei comunisti ternani contro il Regime. Poi gli anni della lotta partigiana e della prima costruzione del partito alla cui guida, con Alfredo Filipponi, c’era Gino Scaramucci. Subito dopo venne il voto per la Repubblica, che vide Terni tra le prime sette città italiane. E poi ci fu Carlo Farini alla guida del partito. Più avanti vennero esperienze fondamentali anche nella vita di Renata: dall’attentato a Togliatti all’uccisione di Luigi Trastulli, l’operaio che perse la vita in uno scontro con la polizia durante una manifestazione contro l’adesione dell’Italia alla Nato il 17 marzo 1949». Di qui prese l’avvio un forte movimento pacifista ternano. A quel movimento partecipò anche Renata Stefanini, insieme a pittori come Ugo Castellani, Palmiro Teofoli, Carotti, Manzini, Clementoni, e ad altre figure nazionali come Guttuso, Attardi, Leoncillo.
Poi i licenziamenti del ‘52 e del ’53, che aprirono una nuova stagione di lotte per lo sviluppo della città. «C’erano tante donne comuniste e dell’Udi nell’aiuto alle popolazioni».

E’ in tutte queste vicende che si staglia la personalità di Renata. Che si comprendono le radici del suo attaccamento alla città. Il faro che illumina il suo impegno di assessora alla pubblica istruzione dal 1952 al 1958. L’interessamento per il figlio di Alfredo Urbinati, socialista, che era stato licenziato per ragioni politiche a Milano, alla Breda, per il quale Renata si recò a Roma per chiedere l’impegno di Filippo Micheli. «Poi la vita di Renata continuò nella sua intensa professione di imprenditrice. Questa impronta forte alla storia cittadina, a cominciare da quegli anni, è fondamentale, anche oggi, per comprendere l’identità più profonda della nostra comunità».

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