Mazzette per velocizzare pratiche ambientali: Perugia, il funzionario della Regione indagato avrebbe messo «stabilmente a disposizione» ad alcuni imprenditori le sue funzioni

La procura di Perugia (FOTO D'ARCHIVIO)
di Enzo Beretta
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Mercoledì 8 Febbraio 2023, 14:42

PERUGIA - In cambio di soldi e «varie utilità» corrisposte da imprese impegnate nel settore estrattivo delle cave avrebbe agevolato l’iter amministrativo per il rilascio delle autorizzazioni ambientali: viene accusato di corruzione il funzionario della Regione Umbria Federico Bazzurro, 67 anni originario di Genova. In queste ore la Procura della Repubblica di Perugia ha notificato l'avviso di conclusione delle indagini all’uomo che nell’aprile 2021 venne arrestato in flagranza di reato insieme all'imprenditrice Marianna Marinelli, colti nel momento della consegna di tremila euro in banconote di vario taglio. La Procura spiega che il funzionario aveva «sostanzialmente ammesso» di avere percepito un’illecita remunerazione per aver istruito e facilitato le procedure per il rilascio della prescritta autorizzazione nei confronti dell’impresa perugina. Le successive indagini, del Nucleo di polizia economico finanziaria della guardia di finanza di Perugia attraverso la «puntuale» ricostruzione dei rapporti economici e dei flussi finanziari ,hanno definito il modus operandi con cui il dipendente pubblico avrebbe messo «stabilmente a disposizione» di soggetti privati la sua funzione ed i suoi poteri. 

L’atto giudiziario è stato notificato a Bazzurro, Marinelli e ad altre dodici persone cui vengono contestati a vario titolo i reati di corruzione e reati fiscali. Illeciti amministrativi vengono invece contestati a sei società coinvolte nell’inchiesta: Basalto La Spicca Spa (sede legale a Orvieto), Cave Fabriano e Gualdo Srl (Castelbellino, Ancona), Piselli Cave Srl (Perugia), Marinelli A. Calce-Inerti Srl (Corciano), Agabiti Fabio Snc (Monteleone di Spoleto) e Cartiere di Trevi Spa (Trevi). 

Secondo l'accusa Bazzurro avrebbe garantito ai privati il proprio apporto professionale per la redazione degli atti tecnico-progettuali, istruendo, in alcuni casi, procedimenti amministrativi incardinati presso il Servizio sostenibilità ambientali, valutazione e autorizzazioni ambientali della Regione, per consentire agli stessi di concludere favorevolmente e in tempi rapidi i procedimenti avviati. Quando serviva comunicava «gli atti interni del procedimento» e «indicava le eventuali integrazioni richieste in modo da accelerare la definizione» e «fare in modo che si concludessero in tempi celeri e favorevolmente per le società richiedenti». Soldi, sì, ma stando a quanto si legge anche pneumatici per l’auto, riparazioni e controlli dal meccanico, lattine d’olio d’oliva per Natale e la «disponibilità di un’utenza mobile».
L’indagine ha quindi acceso i riflettori sulla società Syntexis Srl amministrata dalla moglie di Bazzurro, il quale secondo la Procura la gestiva nei fatti. Il meccanismo, per l’accusa, è questo: fatture per prestazioni fittizie incassate dalla Syntexis, società che opera nei settori della geologia, dell’idrogeologia, della geotecnica, della progettazione ambientale, della caratterizzazione e della bonifica di aree contaminate. Agli atti del fascicolo del pm Mario Formisano vengono allegate decine di fatture «per operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti» emesse dal 2013 al 2021 con le diciture relative a forniture di documenti, acquisizioni cartografiche, georeferenziazione e redazione di cartografie, analisi di documenti tecnici, schemi, grafici, disegni e planimetrie. Il totale ammonta a 144.275 euro, la più esorbitante è quella del 2017 emessa all’Università Telematica Guglielmo Marconi di Roma nel cui oggetto si legge ‘Collaborazione all’attività di studi, indagini, analisi e ricerche ai fini della redazione del Piano di azione ambientale per lo sviluppo sostenibile della Provincia di Terni'. 
Chi indaga è convinto che si tratti di fatture riferibili a «prestazioni mai eseguite, per le quali non venivano reperiti gli elaborati tecnici e cartografici».

Conclude Formisano: «Con l’emissione di tali documenti si agevolava la commissione del delitto di corruzione, fornendo una giustificazione alla dazione delle somme e rendendo deducibile un costo illecito».  

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