Centro Pari Oppurtunità dell'Umbria. Dimissioni di massa delle consigliere:«Inaccettabile proseguire in quella che ormai è una vera e propria farsa».

Centro Pari Oppurtunità dell'Umbria. Dimissioni di massa delle consigliere:«Inaccettabile proseguire in quella che ormai è una vera e propria farsa».
di Francesca Tomassini
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Giovedì 8 Luglio 2021, 11:54

Un vero e proprio esodo, quello delle consigliere del CPO dell'Umbria  dai gruppi di lavoro del del Centro per le Pari Opportunità della Regione Umbria, accompagnato da parole durissime che gettano ombre sulla trasparenza e la correttezza delle modalità messe in atto nel proporre e scegliere i progetti. Una serie di "incidenti" come citato nel lungo comunicato diramato ieri «che evidenziano non soltanto come la nostra appartenenza ai gruppi di lavoro sia ritenuta irrilevante, nonostante competenze verificabili, ma anche pratiche politiche e culturali distanti dal mondo delle Pari Opportunità». Ad uscire sbattendo la porta, le consigliere Morena Bigini, Maria Teresa di Lernia (Consigliera di Parità della Provincia di Terni), Luisella Leonetti, Ursula Masciarri, Sara Pasquino, Irene Piccionne, Patrizia Tabacchini, Angelica Trenta. La goccia che ha fatto traboccare il vaso sarebbe stata «la presentazione, in Assemblea, con richiesta di approvazione, di un progetto per la partecipazione al bando della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia da parte di tre Consigliere, sui temi della formazione scolastica collegati sia all’Istruzione che alla violenza “in genere” senza che questo -hanno scritto le consigliere- fosse stato discusso nei gruppi pertinenti e nonostante quei contenuti fossero già stati ampiamente bocciati in una precedente discussione generale dei gruppi di lavoro interessati, in quanto non coerenti con le finalità del CPO». 

Il comunicato 

«Noi sottoscritte Consigliere del CPO dell’Umbria -hanno scritto - abbiamo rassegnato le nostre dimissioni dai gruppi di lavoro del Centro per le Pari Opportunità della Regione Umbria di cui facevamo parte parte e dentro ai quali abbiamo sempre lavorato con spirito di collaborazione e proposte concrete,  in quanto riteniamo che non ci siano le condizioni per una seria, costruttiva e trasparente collaborazione tra le persone che ne fanno parte. [...] Tali pratiche rischiano di indebolire se non addirittura strumentalizzare il CPO come dimostra la presentazione, in Assemblea, con richiesta di approvazione, di un progetto per la partecipazione al bando della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia ( CARIT) da parte di tre Consigliere, sui temi della formazione scolastica collegati sia all’Istruzione che alla violenza “in genere” senza che questo fosse stato discusso nei gruppi pertinenti e nonostante quei contenuti fossero già stati ampiamente bocciati in una precedente discussione generale dei gruppi di lavoro interessati , in quanto non coerenti con le finalità del CPO. Ancor più grave è l’averlo fatto senza neppure quella “gentilezza istituzionale” che prevederebbe l’avvisare della propria intenzione di procedere, nonostante le critiche, chi lavora nei gruppi  e condividere le idee progettuali nell’Ufficio di Presidenza.

Vogliamo inoltre sottolineare,  per quanto riguarda il caso specifico, che il progetto è stato avanzato, e poi approvato con il nostro voto contrario in assemblea, già corredato da un “incarico” unico e solo ad una associazione di Varese, sconosciuta al CPO e al territorio umbro, che non specifica alcun curriculum e garanzia qualitativa, della quale non si conoscono i nomi dei formatori e delle formatrici e le relative competenze su temi così delicati e che sarebbe beneficiaria dell’intero eventuale importo finanziato.

L’assemblea non è stata messa in grado di confrontare più percorsi progettuali, soggetti attuatori e piani economici e di scegliere quello più qualificato e conveniente ai fini del Bando e della specificità del CPO. Il pericolo di approvare un pacchetto preconfezionato che tenda  a legittimare  e  ad avvantaggiare una sola associazione senza neanche poterne verificare l’attendibilità  e confrontarne la convenienza rispetto ad altre, oltre alla genericità e all’incongruenza del progetto stesso rispetto ai compiti del CPO che ha come propria mission quella della lotta alla violenza “di” (non “in”) genere e della tutela delle pari opportunità tra uomo e donna, è evidente.

Per il profondo rispetto del ruolo che ricopriamo, non possiamo più tacere di una modalità di lavoro che ignora sistematicamente il dialogo e il confronto necessari a trovare la sintesi tra diverse anime, per il bene della comunità di donne e uomini per cui siamo state designate a lavorare in questa Istituzione. Una modalità di lavoro che non solo appare lesiva della dignità delle persone presenti e del loro tempo, ma che ha trasformato i gruppi di lavoro in una vera e propria farsa il cui scopo è unicamente quello di far sembrare che dialogo e confronto ci siano.

Denunciamo con preoccupazione la totale mancanza di quelle pratiche orizzontali, democratiche, trasparenti, rispettose delle persone, del loro tempo e del loro impegno, che dovrebbero essere segno distintivo di questa Istituzione. Una Istituzione che ha tra i suoi scopi proprio la promozione di una cultura delle pari opportunità, quindi fortemente democratica e rispettosa delle differenze.

Abbiamo dato il nostro individuale contributo sin dal principio, a partire dalla stesura delle linee di indirizzo del CPO, e abbiamo continuato a farlo nei “gruppi di lavoro” portando idee e contributi frutto di esperienza e competenze, con l’intento di lavorare e approfondire, in condivisione, le tematiche e i progetti di lavoro propri del CPO. Il nostro approccio è sempre stato leale e diretto e proprio per questo riteniamo inaccettabile proseguire in quella che ormai è una vera e propria farsa».

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