Carcere di Terni, cento smartphone nelle celle dell'alta sicurezza per impartire ordini: undici detenuti a processo

Carcere di Terni, cento smartphone nelle celle dell'alta sicurezza per impartire ordini: undici detenuti a processo
di Nicoletta Gigli
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Venerdì 10 Febbraio 2023, 00:20

TERNI - In sei mesi la polizia penitenziaria ha recuperato un centinaio di telefonini. Spuntati fuori da angoli nascosti delle celle che ospitano i detenuti dell’alta sicurezza.

Nel carcere di Sabbione, è questa l’ipotesi d’accusa della procura ternana, c’erano detenuti appartenenti alla criminalità organizzata che, grazie agli smartphone, continuavano a mantenere stretti contatti col proprio territorio. Per impartire ordini e alimentare dalle celle condotte illecite nei vari settori, dal traffico di stupefacenti alle estorsioni.

Le delicate indagini coordinate dal comandante, Fabio Gallo, hanno convinto la procura a rinviare a giudizio 11 detenuti dell’As3, il reparto di massima sicurezza di Sabbione.

Per l’accusa sostenuta dai pm, Barbara Mazzullo, Elena Neri e Marco Stramaglia gli 11 detenuti appartenenti alla criminalità organizzata «in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, utilizzavano illecitamente telefoni cellulari all’interno dell’istituto di Terni in modo da poter proseguire nell’attività criminosa di riferimento grazie a comunicazioni fraudolente con l’esterno».

Un’ipotesi di reato pesante, che il codice penale punisce con pene da uno a quattro anni di reclusione.

Schiaccianti le prove messe insieme dal personale della penitenziaria, al punto che i tre pubblici ministeri hanno saltato la fase preliminare disponendo il processo per tutti gli imputati.

La certezza è che, tra novembre 2020, quando era in corso l’emergenza pandemia,  e aprile 2021 gli investigatori hanno trovato e sequestrato un centinaio di smartphone. Spuntavano fuori come i funghi e, in alcuni casi, non è stato possibile dare un nome ai destinatari dei cellulari che consentivano i contatti col mondo oltre le sbarre.

Per 11 detenuti, grazie alle prove che l’accusa definisce schiaccianti, è stato chiesto il processo. Si procede contro ignoti invece per il ritrovamento di telefonini in zone ad uso comune riservate ai detenuti.

Dal comandante, Fabio Gallo, il plauso «al personale di polizia penitenziaria che ha operato con la consueta professionalità, con la determinazione e la tenacia che hanno consentito il raggiungimento dei positivi risultati, cercando così di arginare il grave fenomeno della presenza di telefoni cellulari all’interno degli istituti penitenziari, che negli ultimi anni ha subito un’escalation preoccupante».

Ancora in corso le indagini sui cellulari recapitati un anno fa grazie ai droni atterrati sul tetto dell’alta sicurezza.

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