Capovilla venerdì da Indigo con un
reading da "cattivo maestro": «Non
credo in Dio, ma in Majakovskij sì»

Capovilla venerdì da Indigo con un reading da "cattivo maestro": «Non credo in Dio, ma in Majakovskij sì»
di Michele Bellucci
4 Minuti di Lettura
Giovedì 5 Gennaio 2023, 20:37

PERUGIA - Sarà un’epifania attraverso la poesia, grazie al reading in due atti “Eresia” che domani, venerdì 6, Pierpaolo Capovilla proporrà nello spazio Indigo Art Gallery di via Oberdan, rileggendo il nostro presente attraverso gli immortali versi di Majakovskij (inizio alle 20). L’artista, fondatore delle rock band One Dimensional Man e Il Teatro degli Orrori, sta portando in tour i “cattivi maestri” con un progetto capace di sorprendere per la sua attualità e per la potenza dirompente di declamazioni capaci di donare rinnovata speranza.

Pierpaolo Capovilla, quale Majakovskij proporrà a Perugia?
Un Majakovskij molteplice, tra poesie celebri, inni al partito e componimenti divertenti. Poi ci sarà anche un Majakovskij più privato, quello che ci fa scoprire come in realtà il privato sia un tema assolutamente pubblico dato che la nostra felicità dipende dalla felicità del consorzio umano.

Qual è l’insegnamento più immediato?
Che il futuro non è rappresentato dal nostro conto in banca ma dalla società che andiamo creando. Lui ci invita a essere coraggiosi, a non aver paura della vita e lottare, perché ne vale sempre la pena.

Pensa che questo reading sappia scuotere le coscienze?
Decisamente sì. L’ho interpretato nei luoghi più diversi, da quelli classici come i teatri ai pub e anche lì per un’ora e mezzo non vola una mosca. Del resto il poeta quando lo enunci cambia forma, avviene il miracolo della resurrezione del verso, perché la parola deve essere liberata dal piombo dell’inchiostro che l’imprigiona.

Anche l’ultima volta a Perugia si è esibito in un luogo particolare…
È vero, lo scorso luglio alla Galleria Nazionale dell'Umbria per L’Umbria che spacca. È stata una bellissima esperienza.

Lei si considera solamente un musicista?
No, più che un musicista direi che scrivo canzoni. I miei interessi sono ampi e soprattutto dopo i 50 anni senti l’urgenza di dare e offrire ragionamenti che abbiano un senso, soprattutto ai più giovani.

Il fatto che suono rock è determinante, ma lo considero solo un aspetto di quel che faccio.

Di quale arte c’è più bisogno nel nostro presente?
C’è bisogno di poesia, di letteratura, di arti figurative e soprattutto di buona politica. Ritengo che ci sia un desiderio di autenticità nel consorzio umano, di cambiare i parametri delle nostre relazioni sociali.

Da cosa deriva a suo parere?
Dal fatto che siamo intrappolati dentro la falsa coscienza del neo-liberismo e del capitalismo sfrenato. È per questo che risulta fondamentale tornare all’enunciazione poetica, perché come diceva Foucault prima di morire solo nella poesia resiste la parresia, ovvero l’arte di dire il vero. Solamente lì troviamo un desiderio di verità, quindi il linguaggio poetico diventa il perfetto opposto del linguaggio politico.

Come mai questo suo progetto è dedicato ai “cattivi maestri”?
Non solo per il significato del neologismo giornalistico reso noto da Toni Negri, che indica colui che mostra ai più giovani la strada sbagliata, ovvero quella che porta verso l’evasione dalla trappola del capitalismo. Il termine mi ricorda Nick Cave e i Bad Seeds, quindi spero che mi porti fortuna! Poi in musica il Maestro è colui che conosce l’armonia, mentre noi facciamo musica per spirito vitale quindi anche al di fuori degli schemi condivisi.

Cosa ama del “cattivo maestro” Majakovskij?
Per me Majakovskij è un fratello nel senso più cristiano del termine. Un punto di riferimento culturale, narrativo, intellettuale. Una quindicina d’anni fa stavo scivolando verso quel cinismo collettivo che ci porta a disinteressarci del nostro destino. Lui mi ha fatto riscoprire la voglia di lottare e addirittura la fede in Dio. Lui che fu uno dei grandi cantori della rivoluzione anticlericale scrisse “credo nella grandezza del cuore umano”, affermazione che riflette il divino. Oggi posso dire che non credo in Dio ma credo in Majakovskij.

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