Caos procure: accuse «dimezzate» a Luca Palamara per le rivelazioni sulle inchieste

Caos procure: accuse «dimezzate» a Luca Palamara per le rivelazioni sulle inchieste
di Egle Priolo
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Lunedì 11 Ottobre 2021, 15:19 - Ultimo aggiornamento: 16:04

PERUGIA - Caos procure, per la rivelazione di segreti d'ufficio accuse «dimezzate» a Luca Palamara e Stefano Fava. Questa mattina, nel corso dell'udienza preliminare nei confronti dell'ex consigliere del Csm e del magistrato, è stata infatti formalizzata dai sostituti procuratori Gemma Miliani e Mario Formisano la modifica di una parte del capo di imputazione, in cui si contesta a entrambi la rivelazione e utilizzazione di segreto d'ufficio e, al solo Fava, anche di accesso abusivo a un sistema informatico.

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In base al nuovo capo, il giudice Angela Avila venerdì 15 in camera di consiglio dovrà decidere dell'eventuale rinvio a giudizio nei loro confronti per aver rivelato notizie d'ufficio «che sarebbero dovute rimanere segrete», e in particolare «che Fava aveva predisposto una misura cautelare nei confronti di Amara per il delitto di autoriciclaggio e che anche in relazione a tale misura il procuratore della Repubblica non aveva apposto il visto» e che «nel corso delle perquisizioni nell'ambito del procedimento Fava aveva recuperato documentazione che dimostrava come la società Napag era stata utilizzata per riciclare denaro che l'Eni aveva fatto pervenire ad Amara (25 milioni di euro)». 


Scompaiono invece dalle accuse i due punti in cui si contestava ai due magistrati di aver rivelato che l'avvocato Piero Amara – ex legale esterno di Eni - »era indagato per i delitti di bancarotta e frode fiscale e che «in relazione a tali reati Fava aveva predisposto una misura cautelare nei confronti di Amara e che in merito allo stesso non era stato apposto il visto». Lo stesso Fava è accusato anche di essersi abusivamente introdotto (nel maggio del 2019) in un applicativo del Ministero della Giustizia per la digitalizzazione degli atti acquisendo i verbali d'udienza e della sentenza del procedimento 62278/2012 «per ragioni estranee» a quelle per le quali aveva facoltà. Il suo obiettivo – si sostiene nella richiesta di rinvio a giudizio firmata anche dal procuratore capo Raffaele Cantone - era di avviare una campagna mediatica ai danni di Giuseppe Pignatone, che da poco aveva lasciato la guida della procura di Roma, e del procuratore aggiunto Paolo Ielo e quindi «a cagionare agli stessi un danno ingiusto». Campagna da avviare anche con «l'ausilio» di Palamara «a cui consegnava tutto l'incartamento indebitamente acquisito». 
«La procura, in extremis, ha modificato per sottrazione un'imputazione che rimane comunque infondata. A maggior ragione confidiamo che la vicenda si concluda con il proscioglimento il prossimo venerdì». Questo il commento rilasciato alla fine dell'udienza dall'avvocato Benedetto Buratti che, insieme a Roberto Rampioni e Mariano Buratti, difende Luca Palamara. «Prendo atto con soddisfazione - ha poi sottolineato lo stesso ex presidente dell'Anm - che da parte della procura di Perugia, con la modifica della imputazione, c'è' stato un dimezzamento delle accuse a mio carico. Segno evidente che dalla lettura delle carte non può che emergere la mia totale estraneità ai fatti che mi vengono contestati». Per la rivelazione in concorso con Palamara, l'ex procuratore generale della Corte di Cassazione Riccardo Fuzio è già stato assolto a luglio con il rito abbreviato. 
Per l'altro troncone di inchiesta che vede la procura di Perugia contestare a Palamara l'accusa di corruzione per un atto d'ufficio in relazione ai suoi rapporti con l'imprenditore e lobbista Fabrizio Centofanti (che intanto ha ottenuto di patteggiare un anno e mezzo di reclusione), il processo all'ex consigliere  - e all'amica Adele Attisani, considerata dagli inquirenti «l'istigatrice» delle presunte condotte illecite – si aprirà il prossimo 15 novembre.

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