Nove coltellate al piccolo Alex e poi invia la foto al papà

Erzsebet e Alex
di Michele Milletti e Egle Priolo
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Domenica 3 Ottobre 2021, 07:30 - Ultimo aggiornamento: 08:12

CITTÀ DELLA PIEVE Vendetta. Atroce. Impossibile anche solo da immaginare, se di mezzo c’è un bambino di appena due anni. Ancora più atroce e impensabile se a vendicarsi sul corpo di un bimbo è la madre per colpire il padre. 

Una domanda che da venerdì pomeriggio è un chiodo fisso, in quel lembo di Umbria che è la frazione di Po’ Bandino, tra la città in cui vive il premier Mario Draghi e Chiusi, provincia di Siena: come può una mamma aver ucciso il proprio figlio? E davvero si può arrivare ad odiare così tanto il padre di quella creatura indifesa da ucciderlo a coltellate e poi inviargli la foto via social? E avere anche la disperata freddezza di cambiargli la maglietta sporca di sangue, attraversare la strada da una fabbrica dismessa usata come rifugio ed entrare in un supermercato urlando «Aiuto, ho trovato il bambino nel campo»? 
Interrogativi che spalancano un abisso di disagio e male di vivere. Ma interrogativi che al momento vengono considerati dagli inquirenti la pista più concreta per spiegare la morte del piccolo Alex Juhasz, portato senza vita dalla madre Erzsebet Bradacs (ungherese di 44 anni) venerdì dopo le tre al Lidl di via Molise. Ucciso da colpi di arma da taglio. Si parla almeno di nove coltellate, ma potrebbero essere state tre quelle considerate mortali. Con una in particolare che gli avrebbe spaccato il piccolo cuore. 

IL FERMO 
Di certo c’è che, nella notte tra venerdì e sabato, il sostituto procuratore Manuela Comodi, in stretto contatto con il procuratore capo Raffaele Cantone, ha disposto il fermo per la donna che è stata condotta nel carcere perugino di Capanne.

Omicidio volontario aggravato: questo il reato contestato a Erzsebet. Un provvedimento giunto al termine di ore complicate per gli stessi inquirenti e carabinieri della compagnia di Città della Pieve, affiancati dai colleghi del reparto operativo di Perugia e di quelli delle investigazioni scientifiche, per via della ricostruzione fornita dalla donna e considerata non attendibile. Una donna definita in forte stato di choc, con grosse difficoltà ad articolare frasi di senso compiuto e che, prima di avvalersi della facoltà di non rispondere a seguito dell’arrivo dell’avvocato d’ufficio Enrico Renzoni, avrebbe sostanzialmente continuato a ripetere di non «aver ucciso» Alex e di averlo ritrovato senza vita nel passeggino. Domani è prevista la convalida del fermo, con l’udienza che dovrebbe svolgersi nella giornata di martedì. Anche l’autopsia, che sarà affidata al medico legale Laura Panata, è prevista nelle prossime ore. 

LA MAGLIETTA CAMBIATA 
«La misura si è resa necessaria visti i numerosi e significativi elementi emersi nelle immediate investigazioni avviate a seguito dei fatti - fa sapere il procuratore Cantone -. La mole degli indizi raccolti propende, infatti, per una presunta responsabilità della madre, la quale sarebbe l’unica ad aver trascorso le ore antecedenti all’evento delittuoso con il piccolo. Il dato emerge sia dai filmati estrapolati dalle telecamere della zona, sia da altri elementi raccolti anche di natura dichiarativa raccolti. Fra l’altro, durante le ricerche, e nello specifico concentrate nell’area antistante il supermercato dove è stato portato il bambino, sono stati rinvenuti numerosi oggetti appartenuti ad entrambi; in primo luogo, il passeggino, sporco di macchie al momento non meglio identificate che potrebbero essere di sangue, alcuni giocattoli, tra cui un peluche, un pannolino usato, e tracce di alimenti. Molto significativi sono pure altri oggetti rinvenuti nelle pertinenze di un casolare abbandonato nelle vicinanze; lì sono stati raccolti altri giocattoli, sempre di probabile appartenenza del piccolo, oltre ad una maglietta sporca di sangue con dei tagli sulla parte anteriore ed una felpa della madre. Un ulteriore, importante elemento emerso è stato l’invio di una foto ritraente il bambino insanguinato trasmessa molto presumibilmente dalla donna al padre del piccolo in Ungheria, tramite una piattaforma social che, alla vista della tragica immagina ha allertato tutte le autorità competenti». Da quanto si apprende il rapporto tra i due, oltre che finito, sarebbe stato particolarmente burrascoso.
Per quanto riguarda l’arma del delitto, sempre al medico legale toccherà stabilire se il coltello trovato venerdì sera in una borsa sempre nell’edificio abbandonato sia compatibile (come al momento è ragionevole pensare) con le ferite sul corpo del piccolo.

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