Bimbo morto per una malformazione, genitori in guerra con l'ospedale. Da 23 anni

L'ospedale di Perugia
di Egle Priolo
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Sabato 17 Settembre 2022, 13:16

PERUGIA - Hanno perso il loro bambino dopo solo undici mesi di vita. Un bimbo sfortunato che, dicono, avrebbe meritato di non nascere. Troppo grave quella malformazione al suo cuoricino. Troppo grave anche non averlo visto in tempo. E ora che dalla sua morte sono passati ben 23 anni, ci sono una mamma e un papà che ancora non hanno avuto la giustizia richiesta: la loro causa civile contro medici, assicurazioni e Azienda ospedaliera è ancora appesa in Corte di cassazione. Che significa che non si vedrà la fine almeno per altri due anni e sempre che si arrivi a una sentenza definitiva, senza nuovi rinvii.

È la straziante storia che arriva da Perugia. Una storia complessa, che parla di amore e rabbia ma anche di decisioni difficili, di quelle che strappano l'anima. Come la scelta se far nascere o meno un bambino con una grave malformazione cardiaca che ne avrebbe compromesso comunque l'esistenza: una scelta negata, secondo le accuse dei genitori, che per questo hanno portato in tribunale i medici che li hanno seguiti durante la gravidanza, senza notare la grave patologia. La storia inizia nel 1998 e solo la data così lontana dà già il peso di un dolore immenso. Il bimbo nasce a fine ottobre e solo allora ci si accorge della sua patologia. Una vita difficile che, il settembre successivo, si spegne dopo un ricovero d'urgenza in ospedale. Il bimbo non respira, dal pronto soccorso passa in vari reparti ma ne uscirà in una bara bianca. Si parlerà di cibo andato di traverso e di quel cuoricino già così martoriato che non ha retto e si è arreso al suo destino.
Papà e mamma sono distrutti, vogliono capire, ma soprattutto accusano i medici, l'Azienda ospedaliera di Perugia, l'Asl 1 di non aver dato loro la possibilità di scegliere di abortire a causa della mancata diagnosi prenatale e anche del danno per la perdita del loro bambino. Davanti al tribunale penale il caso, va detto, era stato già archiviato, non essendo stata rilevata alcuna responsabilità dei sanitari, ma nel procedimento civile avviato nel 2004 – a cinque anni dalla morte del piccolo – i genitori fanno sentire la loro voce. E nel 2017 – determinante sgranare il rosario di date di questa via crucis -, quando erano già passati 18 anni dalla loro perdita, ottengono dal tribunale civile quasi 220mila euro per la violazione del loro diritto a interrompere la gravidanza e altri 400mila euro di danno parentale. Ma l'Azienda ospedaliera di Perugia fa ricorso e nel 2022, dopo altri cinque anni, vince a metà: non c'è la prova della violazione della legge 194 e quindi il Santa Maria della misericordia ottiene lo sconto di quei 220mila euro.
Finisce così? No.

I genitori fanno ricorso davanti alla Corte di cassazione e proprio in questi giorni anche l'Azienda ospedaliera riaffila le armi: il direttore amministrativo Rosa Magnoni ha infatti appena firmato la determina dirigenziale per affidare all'avvocato Luca Maori la tutela degli interessi dell'ospedale. Maori, insieme al collega Giovanni Bonelli, infatti è pronto a contestare l'impugnazione, sostenendo la fondatezza della sentenza della Corte d'appello. Tutto questo mentre, ovviamente, il procedimento è ancora ben lontano dall'essere calendarizzato in Cassazione. Ci vorranno, se va bene, almeno altri due anni – considerando i tempi della giustizia civile – per veder concludere questa battaglia. Praticamente una guerra dei trent'anni. Che, comunque la si guardi, insieme alla morte del piccolo, è il dato peggiore di una storia che aveva purtroppo già tutti gli elementi per essere drammatica.

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