Bimba abusata, trovati file dell'orrore

Bimba abusata, trovati file dell'orrore
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Giovedì 13 Febbraio 2020, 08:04

Un archivio digitale condiviso con altri pedofili sparsi per il mondo, contenente prove inequivocabili del coinvolgimento di altre giovanissime vittime. Nuovi, sconcertanti particolari emergono dalle indagini della Procura di Firenze sul quarantenne grossetano arrestato nei giorni scorsi, insieme a due donne con cui aveva avuto una relazione, una delle qauli di Baschi di Orvieto, con l'accusa di aver violentato due bambine (tra cui sua figlia nata nel 2016) di età inferiore ai dieci anni, in entrambi i casi in concorso con le due ex.
Durante le perquisizioni, riferisce la cronaca fiorentina di «La Repubblica», gli investigatori della Polizia Postale sono infatti riusciti a risalire a un archivio in erano stati riversati un numero impressionante di file a contenuto pedopornografico, con protagonisti bambini anche di pochi mesi. Ancora non è stato possibile risalire agli autori delle violenze, ma anche in questo caso non si esclude un coinvolgimento dei tre arrestati.
Gli accertamenti, coordinati dai pm Sandro Cutrignelli e Giovanni Solinas, sono ora in corso per identificare le vittime. Secondo quanto ricostruito il quarantenne aveva avuto relazioni con entrambe le complici. Dal rapporto con la prima era nata una bambina, che l'uomo avrebbe violentato in almeno tre occasioni sempre con la complicità della madre.
Dopo il trasloco a Terni, la donna avrebbe continuato a inviare immagini degli abusi sulla piccola; la stessa cosa avrebbe fatto l'altra arrestata con la figlia, nata nel 2010, immortalata durante «atti sessuali gravi». Dalle intercettazioni è emersa «come assolutamente verosimile» l'ipotesi che i due ex conviventi avessero messo al mondo una figlia col preciso scopo di abusarne.
Nelle chat di whatsapp dell'uomo è saltato fuori anche un documento dal titolo «Come praticare l'amore bambino», inviatogli dall'ex compagna. Un manuale che il gip del Tribunale di Firenze, Agnese di Girolamo, nell'ordinanza di custodia cautelare, definisce un «prontuario pedopornografico».

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