Batterie usate, maxi truffa da una tonnellata

Batterie usate, maxi truffa da una tonnellata
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Giovedì 7 Ottobre 2021, 11:39

PERUGIA - Mille chili di batterie esauste, cioè rottami. Che invece di essere rottamate sono state prima rubate e poi rivendute per buone a un’azienda. E se per questa prima parteci sono untrentenne napoletano e una cinquantenne di Città di Castello sotto processo, il resto della storia appare ancora tutto da stabilire. Già, perché il titolare della ditta (nella zona di Umbertide) avrebbe acquistatola tonnellata di batterie usate al piombo senza alcun documentazione ufficiale o bolla di accompagnamento. Truffato a sua volta, magari per scarsa attenzione, oppure parte attiva anche lui inuna truffa ancora più grande,deltipodellamessa in vendita di queste batterie dopo averle adeguatamente ricaricate e a quel punto sì spacciate per buone? Non è dato saperlo. Sarà lo svolgersi del dibattimento a chiarire la posizione dell’azienda che, al momento, è assolutamente estranea a qualsiasi imputazione. Ma certo che il titolare dovrà chiarire, a gennaio nella prossima udienza,cosasiasuccessoinqueigiorni di luglio 2017 quando i due (uniti da un legame affettivo) si sono presentati con mille chili di batterie esauste da camion e furgoni e gliele hanno vendute per trecento euro.

I FATTI

È il 18 luglio del 2017 quando la cinquantenne (assistita dall’avvocato Diego Florio) si presenta assieme al trentenne al centro di raccolta della Sogepu di Città di Castello.Sono con un furgone e dicono al personale presente che devono scaricare alcune cose.Quanto racconteranno i filmati delle telecameredisicurezza dell’impianto, però, è completamente diverso:invece chescaricare, i due caricano. Le telecamere li immortalano infatti mentre con il furgone si avvicinano a un box dove sono conservate le batterie esaurite.

Il tempo di forzare il lucchetto con cui il box è chiuso e il gioco è fatto: iniziano a caricare le batterie. Un lavoro sicuramente non velocissimo,dal momento che il peso delle batterie per auto è almeno di dieci chili. Ma tant’è. I due riescono a caricarne nel furgone all’incirca uncentinaioepoi,cosìcomesono entrati,senevanno. La seconda fase, come detto, prevedela venditadelle batteriespacciate per nuove: l’affare viene fatto con una ditta della zona di Umbertide, cui la cinquantenne e il compagno vendono la tonnellata di batterie usate a circa trecento euro senza, evidentemente, alcuna documentazione riguardante materiali che non sono soltanto esausti ma che essendo di piombo sono comunque rifiuti da conservare e trattare in un certo modo. Appena il personale dell’isolaecologica si accorge del furto con scasso, parte immediata la denuncia alle forze dell’ordine: attraverso la visione delle telecamere, gli investigatori riescono arisalire alla targa del furgone che è intestato proprio al trentenne campano e diconseguenza alla donnaa luilegatasentimentalmente. Secondo quanto si apprende, oltretutto, proprio l’uomo ha alcuni precedenti mentre la donna risultaessereincensurata. Entrambicosì finisconosotto processo con l’accusa di furto con l’aggravante, si legge nel capo di imputazione, di «aver commesso ilfatto su cose esposte per necessità e consuetudine alla pubblica fede e su componenti metalliche».

Ùna storia, come detto, in parte scritta e in parte da scrivere. A gennaio infatti toccherà, tra gli altri, al titolare della ditta spiegare perché ha acquistato quelle batterie senza documenti e cosa eventualmente avesse in mente di farci.

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