PERUGIA - Mille chili di batterie esauste, cioè rottami. Che invece di essere rottamate sono state prima rubate e poi rivendute per buone a un’azienda. E se per questa prima parteci sono untrentenne napoletano e una cinquantenne di Città di Castello sotto processo, il resto della storia appare ancora tutto da stabilire. Già, perché il titolare della ditta (nella zona di Umbertide) avrebbe acquistatola tonnellata di batterie usate al piombo senza alcun documentazione ufficiale o bolla di accompagnamento. Truffato a sua volta, magari per scarsa attenzione, oppure parte attiva anche lui inuna truffa ancora più grande,deltipodellamessa in vendita di queste batterie dopo averle adeguatamente ricaricate e a quel punto sì spacciate per buone? Non è dato saperlo. Sarà lo svolgersi del dibattimento a chiarire la posizione dell’azienda che, al momento, è assolutamente estranea a qualsiasi imputazione. Ma certo che il titolare dovrà chiarire, a gennaio nella prossima udienza,cosasiasuccessoinqueigiorni di luglio 2017 quando i due (uniti da un legame affettivo) si sono presentati con mille chili di batterie esauste da camion e furgoni e gliele hanno vendute per trecento euro.
I FATTI
È il 18 luglio del 2017 quando la cinquantenne (assistita dall’avvocato Diego Florio) si presenta assieme al trentenne al centro di raccolta della Sogepu di Città di Castello.Sono con un furgone e dicono al personale presente che devono scaricare alcune cose.Quanto racconteranno i filmati delle telecameredisicurezza dell’impianto, però, è completamente diverso:invece chescaricare, i due caricano. Le telecamere li immortalano infatti mentre con il furgone si avvicinano a un box dove sono conservate le batterie esaurite.
Ùna storia, come detto, in parte scritta e in parte da scrivere. A gennaio infatti toccherà, tra gli altri, al titolare della ditta spiegare perché ha acquistato quelle batterie senza documenti e cosa eventualmente avesse in mente di farci.