Ast, morte di Gianluca Menichino
condannati sei dipendenti delle acciaierie

Gianluca Menichino
di Nicoletta Gigli
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Giovedì 10 Giugno 2021, 07:57

TERNI «Mio figlio non me lo restituirà nessuno. Più passa il tempo e maggiore è il dolore per la perdita di Gianluca. Spero solo che infortuni di questo tipo non si verifichino più». La mamma di Gianluca Menichino, 35 anni, ternano, che tre anni fa rimase schiacciato tra il pesante coil d’acciaio e la scala che conduce alla cabina di comando del reparto pix1 dell’acciaieria e morì il 9 gennaio del 2018 dopo mesi di agonia passati in vari ospedali, commenta così la sentenza sull’infortunio costato la vita a suo figlio. Per la morte di Gianluca il giudice, Barbara Di Giovannantonio, ha condannato con il rito abbreviato sei dei nove imputati di omicidio colposo e ne ha assolti tre con formula piena. Condannati ad un anno e quattro mesi di reclusione, pena sospesa, l’ingegner Massimo Calderini, all’epoca direttore di stabilimento e altri cinque dipendenti Ast che, quando si verificò l’infortunio costato la vita a Gianluca Menichino, avevano a vario titolo responsabilità nella produzione a freddo e nel reparto Pix1. Si tratta di Dimitri Menecali, Gianvincenzo Salamone, Emanuele Fabri, Raffaele Luongo e Alfonso Alongi. Assolti invece per non aver commesso il fatto i tre addetti alla manutenzione del reparto pix1 dell’acciaieria, che erano stati rinviati a giudizio dal sostituto procuratore, Tullio Cicoria, con le stesse ipotesi di reato.

Si tratta di Federico Mariani, Arcangelo Lanni e Leonardo Zaffrani. “In fase di indagine preliminare furono svolte diverse perizie e noi avevamo portato materiale difensivo che militava a favore di una visione diversa e che ci auguriamo venga riletto in sede di appello” dice l’avvocato Attilio Biancifiori, che con il collega Andrea Garaventa di Genova difende i tre capiturno della produzione condannati. Al giudice - aggiunge il legale, che attende di leggere le motivazioni della sentenza - avevamo evidenziato condotte del dipendente purtroppo deceduto che recidevano il nesso causale tra attività di sicurezza aziendale e infortunio rispetto ad un comportamento anomalo che anche il perito che fu nominato dal tribunale aveva evidenziato in sede di incidente probatorio. Anche su questo aspetto, che potrà essere valorizzato in appello, non è stata fatta chiarezza”. Ad assistere i familiari di Gianluca Menichino, addetto alla movimentazione della linea a caldo lac2, che lottò per sei interminabili mesi in un letto d’ospedale, è l’avvocato, Marco Tudisco.

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