Ast in vendita, Gibellieri, Comitato economico Eu: «Terni, Ilva e Jsw impianti strategici per l'Italia»

Enrico Gibellieri
di Enrico Gibellieri*
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Mercoledì 20 Maggio 2020, 17:48 - Ultimo aggiornamento: 18:29

Il 19 Maggio, Eurofer, l’Associazione Europea dei produttori di acciaio, ha inviato una lettera, firmata da tutti gli Ad delle maggiori gruppi europei del settore e dalle Associazioni Nazionali, al Commissario Europeo Phil Hogan. In essa si descrive la situazione drammatica in cui versa la siderurgia europea e si chiedono azioni rapide e concrete per la protezione del mercato europeo dell’acciaio, con mezzi legali consentiti dalle regole dell’Omc, a partire da una profonda revisione delle misure di salvaguardia.
Nello stesso tempo, tre grandi aziende siderurgiche italiane sono di nuovo in una situazione di grande difficoltà e incertezza, che in gran parte non dipendono solo dai problemi oggetto della lettera che ho citato prima ma da casi specifici che devono essere affrontati per quello che rappresentano. Mi riferisco alla Ex ILVA – oggi ArcelorMittal Italia, alla Acciai Speciali Terni (AST) e alle Acciaierie JSW di Piombino.
Prima di continuare, vorrei far presente che a dispetto del fatto che di queste tre aziende si senta parlare molto spesso e da lungo tempo, la grandissima parte della produzione italiana di acciaio (dal 70% all’80% circa) viene realizzata da un numero considerevole di altre aziende, delle quali non si sente quasi mai parlare, perché sono generalmente ben gestite, hanno risultati economici per lo più positivi, hanno avuto la volontà e la capacità di innovare continuamente il livello tecnologico dei loro impianti e la qualità delle loro produzioni e hanno un rapporto positivo e collaborativo con le istituzioni e le comunità dei territori nei quali esse operano.
Non voglio qui fare il riassunto delle puntate precedenti delle vicenda che hanno condotto le i tre gruppi che prendiamo in considerazione ma limitarci agli ultimi fatti, al loro significato e a cosa si dovrebbe fare.
Nelle ultime ore, il Gruppo ArcelorMittal, dopo aver ha messo, improvvisamente e senza preavviso,  in cassa integrazione moltissimi lavoratori, riducendo drasticamente la produzione di Taranto e di Genova e azzerando la produzione di Novi Ligure, ha annunciato la decisione di voler lasciare il gruppo ex Ilva aggiungendo un altro episodio alla via crucis di questo gruppo cominciata nel luglio 2012. Otto anni nei quali si sono susseguiti 7 o 8 governi che non sono riusciti a realizzare il ritorno ad una condizione di normalità produttiva, con l’impiantistica esistente opportunamente migliorata, del gruppo ex Ilva in generale e dello stabilimento di  Taranto in particolare.  Ancor prima dall’assegnazione al gruppo AM del gruppo ex Ilva è iniziata una guerriglia per ritardare, ostacolare e creare problemi fino ad ottenere il disimpegno del più grande produttore mondiale di acciaio che non è un’istituzione di beneficenza ma un gruppo esperto e scaltro che sa mettere a profitto anche ciò che da alcuni ingenui può essere considerato un fallimento.
Sempre in questi giorni, Thyssenkrupp ha annunciato di non considerare più strategico il gruppo Acciai Speciali Terni,  e di essere pronto ad una partnership o alla sua cessione ad altri gruppi. Ciò anche a causa dei gravi problemi finanziari dell’intero settore dell’acciaio del gruppo Thyssenkrupp, a seguito di investimenti sbagliati e di gravi perdite determinate da risultati negativi, che hanno provocato una ristrutturazione dell’intera società e portato alla decisione di liberarsi di tutto il settore dell’acciaio, anche di quello al carbonio, dopo la vendita effettuata all’inizio del decennio alla Outokumpu del settore degli acciai speciali con l’eccezione di Terni per i noti fatti. Tutti sapevano, o avrebbero dovuto sapere, che prima o poi thyssenkrupp si sarebbe liberata di AST perché ciò era stato già deciso e solo per un caso fortuito il gruppo era tornato ad essere una proprietà della gruppo. Non bisogna dimenticare che il ritorno dell’Ast a Thyssenkrupp è costato un mese di scioperi, la perdita di centinaia di posti di lavoro e un cambiamento radicale del gruppo dirigente e di numerosi quadri intermedi. 
Per le Acciaierie JSW di Piombino è bene rilevare il trascinarsi di una situazione che vede un continuo rimando degli investimenti da parte del Gruppo indiano Jsw per la produzione di acciaio con forni elettrici e per aggiornare il livello tecnologico degli impianti di laminazione e trattamento dei prodotti.
Queste situazioni, diverse tra loro, si trascinano tutte ormai da circa un decennio, non sono state risolte e addirittura si sono ancor più complicate dopo gli ultimi fatti in un quadro di generale difficoltà del Paese e del settore a causa della grave crisi provocata della pandemia da Covid-19, come scritto all'inizio di questo testo. Per ognuna di esse si è discusso e scritto di possibili soluzioni nazionali che nel concreto non si sono mai verificate.
Un cittadino potrebbe chiedersi per quale motivo il governo di un paese dovrebbe intervenire per evitare il depauperamento di un patrimonio impiantistico, di posti di lavoro e di conoscenza che sembra dimostrarsi incurabile. Le produzioni del Gruppo ex ILVA, dell’AST e di JSW Piombino sono di vitale importanza per il paese. Grandi quantità di acciaio al carbonio, “pulito” in senso metallurgico, per impieghi che richiedono elevate qualità di prodotto, la produzione di acciaio inossidabile, di cui l’Italia è grande consumatrice, per impieghi nel settore dell’impiantistica alimentare, degli elettrodomestici e della ristorazione, arredo urbano, trasporti e produzione di tubi, la produzione di prodotti lunghi di qualità e soprattutto di rotaie sono strategici per il paese, soprattutto in vista degli investimenti nel settore dei trasporti ferroviari.
Per un governo degno di questo nome, è giunto il momento di dimostrare la capacità di mettere in campo una politica industriale degna di uno dei settori dove l’Italia è presente, svolge un ruolo di primaria importanza essendo l’acciaio il materiale alla base delle catene del valore di altri importanti settori industriali quali l’industria meccanica, il settore delle costruzioni, il settore dell’automobile, l’industria degli elettrodomestici, il settore agroalimentare e la produzione di tubi.
Nel nostro Paese ci sono imprenditori capaci, lavoratori con un alto livello di formazione scolastica e di esperienza, centri di ricerca e innovazione che altissimi livelli di specializzazione e competenza, società di costruzione di impianti tra le più importanti del mondo. Manca, da troppo tempo, la consapevolezza da parte dei governanti a tutti i livelli che ha portato il settore in questa difficile situazione.
Continuare ad affrontare separatamente ogni singola situazione senza una visione generale delle dinamiche del settore a livello nazionale, europeo e internazionale e senza il coinvolgimento attivo e continuo delle parti sociali, si è dimostrato inefficace e velleitario. Nella soluzione dei problemi più gravi e cronici è ormai ora di considerare un coinvolgimento diretto dello Stato sulla base di esperienze in altri settori industriali nazionali (Eni, Fincantieri, Leonardo) ed esperienze nel settore siderurgico realizzate in altri paesi europei (Voest Alpine, Salzgitter, aziende finlandesi).
Ciò è ancora più inevitabile anche pensando alle sfide poste al settore siderurgico dagli obiettivi stabiliti dagli accordi internazionali e recepiti dalla legislazione europea per una progressiva de-carbonizzazione della produzione di acciaio, il cui raggiungimento richiederà investimenti ingenti in ricerca e innovazione per la messa a punto e validazione industriale di nuove tecnologie.
*Esperto di siderugia e membro della Commissione consultiva per le trasformazioni industriali del Comitato economico e sociale europeo. Cittadino onorario di Terni.

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