Amelia, Giornata della Memoria. Gemma:«La mia guerra sotto le bombe»

Amelia, Giornata della Memoria. Gemma:«La mia guerra sotto le bombe»
di Francesca Tomassini
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Venerdì 27 Gennaio 2023, 07:18 - Ultimo aggiornamento: 07:28

«Quel giorno a piazza Venezia io c'ero, quando il 10 giugno 1940 Mussolini annunciò che eravamo entrati in guerra». A raccontarlo è Gemma Sugoni, narnese, centodue anni lo scorso 22 gennaio, che la seconda guerra mondiale l'ha vissuta sotto le bombe. «Mi ricordo che eravamo andati a Roma con mio marito Vincenzo. All'epoca si circolava ancora tranquillamente, c'erano i treni, uscivamo a passeggio. E quel giorno mi aveva voluto portare a fare una gita. Io volevo vedere piazza Venezia, e così andammo. Poi quel pomeriggio il duce uscì sul balcone e pronunciò il discorso. Ancora me lo ricordo. Come mi ricordo le lacrime. Le mie, perchè temevo per mio marito, giovane e carabiniere, ma anche quelle di tante altre donne, madri con figli maschi, che in quel momento si trovavano in piazza». Il marito di Gemma viene trasferito a Tivoli, e lei lo segue insieme alle due figlie piccole. «Durante la guerra abbiamo vissuto grandi dolori - racconta con gli occhi lucidi - spesso abbiamo avuto fame. Io mi ricordo che ero riuscita ad ammucchiare un sacchetto di riso e lo tenevo nascosto. La sera ne cuocevo un pò e lo davo alle bambine, io andavo a letto senza cena».

Durante la guerra Gemma si ammala. «Tifo nero - dice lei - sono stata tre mesi in ospedale, senza poter vedere le mie figlie perchè ero infetta.

Le ha tenute un’amica a casa sua, me le ha tenute bene». Quello che pesa come un macigno nel cassetto dei ricordi è la paura sotto le bombe. «E' successo tante volte, Tivoli era piena di tedeschi. Noi scappavamo, a volte lo abbiamo fatto sopra i loro corpi - continua- di solito ci rifugiavamo nel seminterrato del palazzo. Dicevano che i locali con i soffitti a volta erano più sicuri. Eravamo amici con la famiglia del maresciallo della caserma di Vincenzo, abitavamo vicini ma una volta al suono della sirena ci siamo rifugiati in due posti diversi. Lei nell'androne con il soffitto a volta, insieme ai figli. Il locale non è crollato sotto le bombe, ma lo hanno fatto gli edifici vicini. Una montagna di macerie li ha sepolti per sempre. Mi ricordo che era rimasta fuori una della figlie. Piangeva, gridava, "mamma è lì sotto". Vincenzo e suo padre hanno fatto per avvicinarsi e aiutarla perchè era rimasta con le gambe incastrate sotto un trave. Ma gli aerei sono tornati, hanno bombardato di nuovo e la bambina non si è vista più». Ad un certo punto della guerra, Vincenzo viene richiamato al fronte. «Io gli preparavo le cose e piangevo -spiega- poi invece per miracolo, l'hanno rimandato indietro. Della mia famiglia, eravamo dieci figli, tutti siamo sopravvissuti alla guerra. Altri non sono stati così fortunati. Mi ricordo di una famiglia ebrea vicino a noi che aveva un negozio di tessuti. Sono spariti dalla sera alla mattina e nessuno li ha visti più».

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