Lo studente perugino accoltellato a New York:
«Cosi mi sono salvato dall'aggressione di quel folle»

Roberto Malaspina
di Luca Benedetti
4 Minuti di Lettura
Domenica 5 Dicembre 2021, 09:23 - Ultimo aggiornamento: 6 Dicembre, 09:01


PERUGIA «Ero fuori in un locale con un amico. Siamo usciti, erano le undici. Mia ha sorpreso e colpito alle spalle. Cinque, sei colpi. Io mi sono difeso con i piedi, a calci».
Roberto Malaspina, 27 anni, perugino ferito a New York parla con le amiche. Chi lo ha raggiunto via Whastapp, chi è riuscita a scambiarci due parole al telefono dal letto d’ospedale dove si trova dopo la folle aggressione a Morningside Park dove è morto l’ingegnere elettronico di Alba, Davide Giri.
Da quando nei tg, a notte fonda, della notte è spuntata il nome corretto di Roberto tutti gli amici sono entrati nel tunnel della paura. Si sono attivate le chat dei vecchi compagni del liceo classico Mariotti dove Roberto ha studiato prima di spiccare il volo verso Milano con in tasca una laurea in Storia dell’Arte, le telefonate si sono fatte incessanti.
«Ho dialogato con lui con i messaggi di Whatspapp- dice al telefono una delle sue più care amiche, Costanza Malucelli- lo conosco dalle elementari e al Mariotti eravamo in classe insieme. Mi ha detto dei cinque colpi che ha ricevuto. Era scosso, ma ha cercato di sdrammatizzare. È un buon segno dopo quello che ha passato». Gli amici si sono rincorsi per avare notizie e darsi conforto, hanno fatto le ore piccole fino a che non hanno capito che Roberto Malaspina ce l’aveva fatta. Che Vincent Pinkney, il folle della gang Ebk, cioè EveryBody Killa che significa “tutti possono essere uccisi”, nella follia di Morningside Park aveva trovato la difesa di Roberto. A qualche centinaia di metri di distanza c’era il corpo di Davide Giri, compagno di sventura di Roberto, ucciso dalla follia del pregiudicato in libertà vigilata.
Debora Del Cogliano è un’altra compagna di scuola di Roberto. Anche lei con il ragazzo ferito ha frequentato il liceo classico Mariotti. «Sono riuscita a parlarci al telefono. Una telefonata breve in cui mi ha detto un po’ come erano andato le cose. Dell’aggressione alle spalle, dei cinque-sei colpi. Del fatto che lui si è difeso con i piedi. E che era andato fuori con un amico a bere un bicchiere di vino. Stava tornando a casa, a poche centinaia di metri da dove è stato aggredito. Era scosso, ma dopo quello che ha passato l’ho sentito bene. Ha cercato di sdrammatizzare, con qualche battuta. Lui è così: in ogni situazione riesce a trovare il modo di venirne fuori. Noi siamo sconvolti. Ci ha avvisato una nostra amica che l’altra sera ha sentito il nome al Tg. Non ci credevo».
Debora e Roberto si erano sentiti anche il giorno della partenza. Prima che il ragazzo perugino che vive a Milano si imbarcasse sul violo del New York. «Era arrivato veramente-dice ancora Debora- il giorno prima e deve stare lì sei mesi».
Il tam tam degli amici non si ferma. Tutti vogliono sapere come sta Roberto. L’affetto per il ragazzo si è riservato sulla famiglia. Per il papà, la mamma e la sorella, medico come il padre.
Ieri sera, verso l’ora di cena, altre notizie, confortanti su Roberto, le ha portate l’assessore alla Sicurezza Luca Merli: «Ho chiamato Corrado, il papà- racconta- siamo amici da lunga data. Gli ho portato la solidarietà della città. Una vicenda assurda. Mi ha detto che Roberto sta molto meglio e ha lasciato la terapia intensiva dell’ospedale Mount Sinai Morningside. La famiglia è in contatto con il Consolato italiano a New York che al momento li ha sconsigliati di partire. Il peggio è passato e i ragazzo ha tutta l’assistenza che può avere in una situazione del genere».
Un bel sospiro di sollievo dopo ore con il cuore in gola per il giovane ricercatore dell’università di Milano, che ha studiato Arti Visive a Bologna e che a New York è atteso da un dottorato di sei mesi. Le amiche hanno raccontato Roberto come uno che non si arrende, uno che quei sei mesi negli Stati Uniti non gli impedirà di viverli un folle che è andato in giro un parco a uccidere chi si trovava sulla sua strada.

© RIPRODUZIONE RISERVATA