Tanti saluti al certificato
di proprietà delle auto

Tanti saluti al certificato di proprietà delle auto
di Ruggero Campi
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Mercoledì 7 Ottobre 2015, 19:58 - Ultimo aggiornamento: 20:34
PERUGIA - ​Si è smaterializzato pure lui, come il contrassegno dell’assicurazione: dal 5 ottobre il documento cartaceo del Certificato di Proprietà è diventato virtuale e si trasferisce dal cassetto del cruscotto o dalla cartellina dei documenti religiosamente conservati in casa nel cloud, o nuvola che dir si voglia.



Documento fondamentale, unico a poter attestare la proprietà dell’auto bene mobile registrato, era “andato in vigore” nel 1927: fino ad allora trattandosi di un bene mobile (per antonomasia!) valeva la regola “possesso vale titolo”, ovvero già l’essere seduti al volante era già un bel passo avanti per sostenere la proprietà del veicolo. Niente scartoffie, niente pergamene, ma se avessimo dovuto incontrare qualcuno a bordo della nostra Dion Bouton che affermasse di averla comprata in buona fede, sarebbe stato un bel problema dimostrare che era nostra. Intorno a quell’anno ci furono un sacco di novità.



Lo Stato per la verità si era interessato subito all’auto, guarda caso per ragioni fiscali (l’abitudine non è stata persa nel corso del secolo successivo) e si era affrettato ad imporre una Tassa Automobilistica definita pomposamente come “tributo dello Stato”, mica una tassa qualunque del piccolo Comune. Nel 1926 Regio Automobile Club d’Italia, che agli albori aveva scopi più edonistici che pratici ovvero “favorire in ogni modo lo sviluppo dello sport automobilistico con passeggiate, gare, corse” venne eretto ad Ente Morale. Una cosa molto seria: ebbe il compito di distribuire le targhe, di effettuare rilevazioni statistiche e di riscuotere la tassa automobilistica e l’anno successivo le venne addirittura affidato il neonato PRA, un registro importantissimo per tutte le vicende giuridiche del veicolo, che dava certezza sulla proprietà, garantiva i diritti del venditore a rate, aumentava di conseguenza la diffusione del credito e dunque stimolava le vendite. La scelta di affidare la tenuta del PRA all’ACI non fu una cosa di poco conto, anche dal punto di vista simbolico.



Sul sito dell’Aci scrive giustamente Francesco Azzarita che l’Automobile Club era nato come ente rappresentativo dei propri Soci e degli automobilisti in generale e che con tale fondamentale scelta “gli automobilisti diventarono amministratori di se stessi e gestori di un servizio pubblico del quale erano i destinatari. Di ciò ha risentito tutta la gestione del PRA sino ad oggi, essendo l’ACI allo stesso tempo rappresentante degli automobilisti verso lo Stato e delegato dello Stato verso gli automobilisti. Si è realizzata, in un certo senso, l’utopica equazione dello stato democratico moderno: Stato uguale Cittadini.”



Ovviamente le annotazioni in origine erano effettuate a mano e in bella scrittura da centinaia di impiegati e fu già una rivoluzione nel 1962 l’introduzione delle schede perforate a fini statistici. Nel 1970 arriva il primo archivio informatico e nel 1993 il processo si completa con l’attribuzione di validità giuridica al processo telematico; nel 2002 parte il primo sportello telematico e il collegamento telematico al PRA. Dal 5 ottobre il certificato di proprietà viene rilasciato solo in modalità digitale e anche la parola “telematico” sa un po’ di antiquato ormai.



Nel 2026 saranno chiusi definitivamente gli archivi cartacei: tanto per la cronaca negli anni ‘90 sono stati microfilmati 1,6 milioni di volumi custoditi in uno speciale bunker di Roma, nei quali sono registrate le vicende giuridiche di 84 milioni di veicolo immatricolati sin dal 1927. ai quali sono aggiunti fino ad oggi ulteriori 58 milioni di veicoli per un totale di 142 milioni di veicoli!



Grazie alla conservazione elettronica dei dati spariranno 30 milioni di fogli di carta, liberando milioni di metri cubi di archivi, che ovviamente richiedevano alti costi gestionali inammissibili. Niente più furti o smarrimenti, e dunque denunce e perdite di tempo (ogni anno venivano rilasciati circa 300.000 duplicati) perché gli immateriali certificati saranno tranquilli e al sicuro nei server del PRA, e per l’eternità digitale. Sarà soprattutto salvaguardata la possibilità di ogni utilizzo fraudolento, e ci risparmieremo lo stress di inseguire il nostro CdP se il Concessionario o l’Agenzia di Pratiche auto chiude o fallisce e non sia più reperibile.



Bisogna dare atto all’ACI di avere imboccato la strada dell’utilizzo migliore degli strumenti tecnologici per agevolare il rapporto con il cittadino: d’altronde gli aggiornamenti al PRA avvengono in tempo reale, gli uffici del PRA non hanno arretrato da smaltire e il tempo medio del disbrigo di una pratica è di 15 minuti circa. Il che non è poco, tenuto conto che al PRA vengono effettuate 50.000 operazioni al giorno, ovvero11milioni all’anno! E allora, forse sarò di parte, ma perché togliere il PRA all’ACI se lo ha gestito così bene, con costi minimi per l’utente e senza chiedere una lira allo Stato? Siamo sicuri della economicità di una operazione di fondere PRA e Motorizzazione, ponendo a carico dello Stato gli stipendi dei 2500 impiegati dell’ACI e armonizzando (costi prevedibili enormi) sistemi operativi diversi? Il recente accorpamento dei piccoli Tribunali, tanto per citare l’ultima in ordine di tempo, ha dimostrato a fronte di vantaggi per il cittadini pari a zero e indubbi danni per professionisti, per risolvere un presunto problema se ne è creato uno nuovo, con disservizi per tutti e costi imprevedibili.



E’ indubbio, quindi, che c’è burocrazia e burocrazia, c’è quella di qualità e quella eccellente, ma soprattutto c’è quella intelligente, quella che si evolve, si semplifica e alla fine Ti porta a dire che l’ACI ed il suo PRA non è poi così inutile e da eliminare.
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