Sarah Scazzi, il delitto di Avetrana che sconvolse l'Italia diventa una serie tv su Sky

Sarah Scazzi, il delitto di Avetrana che sconvolse l'Italia diventa una serie tv su Sky
di Ilaria Ravarino
4 Minuti di Lettura
Domenica 21 Novembre 2021, 09:58

A rivederlo oggi, dieci anni dopo, non sembra nemmeno vero. E più si cerca di mettere ordine nella vicenda, più il terribile caso di cronaca, passato alla storia come Il delitto di Avetrana, pare prendere la forma di una soap opera infinita cui nessuno può (o vuole) dare un finale. Oggetto di un libro inchiesta del 2020, Sarah Scazzi. La ragazza di Avetrana di Flavia Piccinni e Carmina Gazzanni, i cui diritti sono stati acquistati da Matteo Rovere, il delitto di Avetrana arriverà in tv martedì prossimo su Sky Documentaries in quattro episodi, nell'omonima serie documentaria girata dal 44enne lombardo Christian Letruria.

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L'INIZIO
«Il libro è stato solo un punto di partenza - spiega il regista - abbiamo ricostruito gli eventi partendo dall'idea che questa storia avesse qualcosa di universale, che fosse capace di uscire dai confini nazionali. Tutto quello che è accaduto è un esempio di come non si dovrebbe mai fare tv, e di come il racconto della cronaca nera debba essere ripensato». I fatti, rievocati attraverso ricostruzioni, documenti d'archivio e nuove interviste, risalgono all'agosto del 2010, con la sparizione della 15enne Sarah Scazzi e il successivo ritrovamento del suo corpo, calato in un pozzo tra i campi della provincia salentina. A far ritrovare il cadavere, dopo aver miracolosamente rinvenuto anche il cellulare della ragazza, fu l'allora insospettabile zio, Michele Misseri, contadino e «grande lavoratore», nonché reo confesso della vicenda.

 


DOSTOEVSKIJ
«Misseri è un personaggio che sembra uscito da un libro di Dostoevskij.

Un uomo che dice di essere l'assassino fin dal principio, ma che alla fine non viene creduto. A gennaio potrebbe uscire di prigione (il fine pena è nel 2024, ma la difesa richiederà al Tribunale di sorveglianza una detenzione domiciliare, ndr), ma tra i parenti di Sarah c'è chi pretende un'altra verità su quanto accaduto». Proprio come in una soap, o meglio «come in una serie da guardare tutta di seguito», i colpi di scena si sono susseguiti a ritmo continuo: Misseri che ritratta e accusa la figlia Sabrina, l'ingresso nella storia dell'amico di lei, Ivano, il ritrovamento dei diari di Sarah e infine le accuse alla madre di Sabrina, Cosima, che «non poteva non sapere», dice la gente di Avetrana in più occasioni.


SCIARELLI
A far scoppiare il caso, in diretta su Rai3, era stata la giornalista Federica Sciarelli (invitata a partecipare alla docuserie, ha declinato) che durante un collegamento della trasmissione Chi l'ha visto? aveva comunicato in tempo reale alla madre di Sarah la confessione dello zio: «I processi mediatici si fanno in tutto il mondo, ma prima del caso Scazzi non era mai successo che una parente stretta della vittima fosse informata dalle tv, e non dalle autorità preposte, della morte della propria figlia. Sciarelli sbagliò», aggiunge Letruria. Da quel momento, in Italia, chiunque sembrò avere un'opinione sul caso: «Gli inviati si trasferirono per un anno ad Avetrana, nemmeno fosse l'Afghanistan. Come nel famoso caso del pozzo di Vermicino, la tv aveva toccato e superato un limite».


UN GIOCO
Intorno ad Avetrana si concentrò un circo di giornalisti, curiosi, turisti in cerca di brividi, assecondando «un gioco al massacro in cui il caso di nera era diventato un prodotto da mettere continuamente in palinsesto». Il 21 febbraio 2017 la Corte di Cassazione ha confermato la condanna all'ergastolo per Sabrina Misseri e Cosima Serrano, punendo con otto anni di carcere Michele Misseri per soppressione di cadavere e inquinamento delle prove. Tra le motivazioni, oltre alle modalità del delitto e alla strategia, anche l'intenzione di Sabrina di «strumentalizzare i media», deviando le investigazioni con piste fasulle.
«È una storia affascinante, che ragiona sulle dinamiche emotive delle tragedie e sull'impatto oscuro che hanno su di noi - spiega Rovere, produttore sia della docuserie di Sky che della prossima serie tv sul delitto, affidata al regista pugliese Pippo Mezzapesa - qui il filone è quello del cosiddetto true crime, un genere che in America va fortissimo, mentre la serie di finzione partirà da altre premesse. È un lavoro che va fatto con cura e rispetto. Credo sia tipico delle cinematografie mature riuscire a riflettere con distacco su casi che hanno avuto un impatto così potente sulle nostre vite».

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