San Patrignano, la comunità fondata da Vincenzo Muccioli si dissocia dalla serie Netflix: «In SanPa testimonianze inattendibili» Trailer

San Patrignano, la comunità fondata da Vincenzo Muccioli si dossocia dalla serie Netflix: «In SanPa testimonianze inattendibili»
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Venerdì 1 Gennaio 2021, 14:36 - Ultimo aggiornamento: 14:54

Fa subito discutere, com'era ampiemente prevedibile, la serie SanPa appena uscita su Netflix: «La comunità San Patrignano si dissocia completamente dalla docu-serie messa in onda da Netflix». Così la comunità, fondata da Vincenzo Muccioli scomparso nel 1995, commenta SanPa: Luci e Tenebre di San Patrignano docu-serie originale italiana Netflix da pochi giorni disponibile, definita versione «unilaterale». «Il racconto che emerge - spiega una nota - è sommario e parziale, con una narrazione che si focalizza in prevalenza sulle testimonianze di detrattori, per di più, qualcuno con trascorsi di tipo giudiziario in cause civili e penali conclusesi con sentenze favorevoli alla Comunità stessa, senza che venga evidenziata allo spettatore in modo chiaro la natura di codeste fonti».

«Per trasparenza e correttezza - spiega la Comunità di San Patrignano - abbiamo ospitato per diversi giorni la regista della serie la quale è stata libera di parlare con chiunque all'interno della comunità, e abbiamo inoltre fornito l'elenco di un ampio ventaglio di persone che hanno vissuto e o tuttora vivono a San Patrignano e della quale conoscono bene storia passata e presente, in modo da poterle dare gli strumenti necessari per una ricostruzione oggettiva e informata. Tale elenco è stato totalmente disatteso, ad eccezione del nostro responsabile terapeutico Antonio Boschini, preferendo lasciare spazio ad un resoconto unilaterale che paia voler soddisfare la forzata dimostrazione di tesi preconcette. Avevamo espresso fin dall'inizio la preoccupazione per gli effetti che un prodotto televisivo di ricostruzione delle vicende trascorse all'interno della comunità, se non ricostruite e presentate in maniera equilibrata e adeguatamente contestualizzate, poteva avere sulla odierna realtà di San Patrignano, con i suoi oltre mille ospiti. Purtroppo, ci troviamo a constatare che i timori erano assolutamente fondati».

La comunità si dice inoltre preoccupata «per gli effetti negativi e destabilizzanti che potrebbero ricadere sull'oneroso lavoro di recupero, reinserimento e prevenzione» sui quali è impegnata. «Le spettacolarizzazioni, drammatizzazioni e semplificazioni presenti in un prodotto chiaramente costruito per scopi di intrattenimento commerciale - prosegue la nota - più che di seria ricostruzione documentaria che rispetti i canoni di oggettività per essere chiamata tale, potrebbero altresì colpire le purtroppo numerosissime persone e le loro famiglie che affrontano il grave problema della tossicodipendenza, oggi ancora emergenza nazionale. Persone alle quali San Patrignano ha sempre aperto le proprie porte e accolto gratuitamente in un programma terapeutico basato su principi e metodi molto distanti da quelli descritti nella docu-serie, come dimostrato da diversi studi indipendenti di prestigiosi atenei sia nazionali che internazionali.

Per la nostra parte, continueremo, con l'impegno che da sempre ci contraddistingue, ad essere al fianco di tutti coloro, e delle loro famiglie, che intraprendono il percorso di recupero dalla dipendenza e ad aiutare gratuitamente quanti avranno bisogno di noi».

La serie

Il titolo, ' SanPa: Luci e Tenebre di San Patrignano', prima docu-serie originale italiana Netflix disponibile in 190 Paesi, sintetizza quella controversa comunità di recupero dalle tossicodipendenze, vista da molti come un paradiso e da altri come un cupo inferno pieno di nefandezze. E tutto questo in quegli anni Settanta in cui i giovani erano divisi esattamente in tre: quelli di sinistra che volevano cambiare il mondo, quelli di destra che volevano tornasse indietro e avevano come riferimento la tradizione, e infine quelli, forse i più aristocratici, che volevano solo distruggersi essendo poco interessati alla realtà.

«Ho visto le menti migliori della mia generazione distrutte dalla pazzia, affamate nude isteriche, trascinarsi per strade di neri all'alba in cerca di droga rabbiosa, hipsters dal capo d'angelo ardenti per l'antico contatto celeste con la dinamo stellata nel macchinario della notte...», così cantava Allen Ginsberg, uno dei padri della Beat Generation, nell'Urlo. Ora, attraverso testimonianze e immagini di repertorio, in questa docu-serie in cinque episodi viene raccontata la controversa storia della comunità di recupero di San Patrignano fondata da Vincenzo Muccioli nel 1978 a Coriano, in provincia di Rimini. E questo ripercorrendo il ventennio di gestione da parte dello stesso Muccioli, dalle origini, nel 1978 fino al 1995, anno della sua morte, e considerando ovviamente anche il contesto sociale, economico e politico dell'Italia.

Perché tanta bufera mediatica e processuale su Muccioli? Uno dei motivi, quello più importante, erano i suoi metodi, le modalità con cui i pazienti venivano tenuti lontani dalle droghe. Due esempi su tutti: l'uso delle catene per il recupero delle vittime della tossicodipendenza e i numerosi episodi di violenza all'interno della comunità, sfociati spesso in procedimenti giudiziari. Muccioli dovette affrontare due processi: il primo nel 1985, quando fu condannato per sequestro di persona e maltrattamenti per avere incatenato alcuni giovani della comunità (il cosiddetto Processo delle catene) in primo grado e quindi assollto in appello; il secondo nel 1994, quando fu condannato a otto mesi per favoreggiamento (con la sospensione condizionale della pena), ma fu assolto dall'accusa di omicidio colposo per l'assassinio, avvenuto in comunità, di Roberto Maranzano.

La docu-serie è stata realizzata con venticinque testimonianze, 180 ore di interviste e con immagini tratte da 51 differenti archivi. La regia è di Cosima Spender (Palio, Premio Miglior Montaggio al Tribeca Film Festival 2015). Il lavoro è una Produzione 42, con produttori esecutivi Gianluca Neri, Nicola Allieta, Andrea Romeo e Christine Reinhold. La serie è stata scritta da Carlo Gabardini, Gianluca Neri e Paolo Bernardelli.

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